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Daniele Silvestri @ Viper Theatre – 22/03/2012

Con un “mi scusi presidenteDaniele Silvestri si presenta al pubblico fiorentino in un giovedì caldissimo (22-3-2012) , per la prima volta sul palco del Viper, omaggiando il signor G. Sono poco più delle 22, orario più da spettacolo teatrale che da concerto rock, ma il pubblico, over 30, è da tempo già pronto di fronte al piano del cantautore e sul ballatoio. Silvestri è identico al suo “avatar” appiccicato al muro della copertina dell’ultimo album S.C.O.T.C.H., con lo stesso identico sorriso sornione e una particolare predisposizione per il rapporto col pubblico fin dall’inizio, quando annuncia che non ci sarà una scaletta per stasera e che accoglierà pure le richieste dal pubblico (magno gaudio dalle file degli aficionados).

Il quintetto attacca subito un paio di brani dall’ultima fatica, Acqua Stagnante e Ma Che Discorsi, l’ultima legata a quell’idea di amore quotidiano da anni raccontato magistralmente dal cantautore Romano (si vedrà come la scaletta ne è piena). La band per adesso ripropone in modo aderente le sonorità dell’ultimo album. Annunciando una canzone “stupida” ma terribilmente vera di questi tempi, parte Datemi un Benzinaio (tratto da Daniele Silvestri anno di grazia 1994), seguita a ruota da Samantha (Il Dado, 1996), Il Flamenco della Doccia e Occhi da Orientale. Silvestri non ha problemi a riproporre vecchi cavalli di battaglia, e non sembra nè stanco di suonarli nè impegnato in chissà quali riarrangiamenti. Il suono viene svecchiato naturalmente dalla band, in formazione semplice: basso, batteria, chitarre e tastiere sul retro.

Tanto per non prendersi sul serio, la band intera si dedica ad un mini blues in onore del tecnico che, durante il soundcheck pomeridiano, dimostra di saper suonare l’armonica particolarmente bene. E’ una festa, per la band ma anche per il pubblico, che sembra apprezzare l’approccio serioso finora tenuto. Io Fortunatamente è uno dei pochi pezzi tratti dall’apprezzato Unò Dué, e sembra un peccato, ma Silvestri sa che ci sono altri piccoli gioielli nel suo lungo curriculum, e li mostra a poco a poco, spolverati ma non ristrutturati. Ad esempio Il Dado, omonimo pezzo del doppio disco forse troppo azzardato per i tempi e per l’età di Silvestri, ma che adesso pare una prova di maturità ante-litteram. La richiesta del pubblico, l’unica esaurita e per fortuna giocata bene, è L’Autostrada (avrei preferito La Classifica o Il Mio Nemico, ma non avrei tollerato che avesse esaudito le richieste del vicino che implorava Che Bella Faccia), e esce delicatissima, piena di pathos, dove il paesaggio di quel paese desolato emerge come se scritto da un verista, con molte più lacrime versate. L’apice della serata è questo. Per ritemprare l’atmosfera tutte d’un fiato Banalità, Kunta Kinte un poco rallentata, Le Cose in Comune e la dubbeggiante Me Fece Male A Chepa, emrgono quindi a poco a pco le influenze etniche mai sopite in Silvestri, spesso declinate con sonorità sudamericane come ne Il Latitante). La traccia conclusiva di S.C.O.T.C.H. non esaurisce il potenziale dell’ultimo Silvestri, che a ruota fa seguire L’Appello, la canzone in nome di Paolo Borsellino raccontato qui come fratello scomparso con addosso un piccolo borsello. Dopo Prima di Essere un Uomo (il volo troppo intellettuale del primo Silvestri, che continua a delinearsi in maniera negativa anche più di dieci anni dopo) la band attacca Monetine, Gino e l’Alfetta e Salirò. Non si disdegnano quindi le hit per il pubblico meno attento, anche se La Paranza in questa tappa viene tralasciata, forse suonata in alternanza con una delle due hit sopra citate. Il rientro del bis vede Silvestri senza chitarra in versione piaciona (alla Proietti) per Testardo, cantata in gran coro dai fiorentini improvvisamente diventati der Tufello. Cohiba, in onore al passato militante, è d’obbligo la traccia conclusiva, prima di passare a una jam collettiva della band alla batteria. Una conclusione esemplare per omaggiare il lato tribale e “rosso” di Silvestri.

A mezzanotte circa finiscono le danze, con una carrellata di ben due ore di passato e presente del cantautore romano. I fan dei principali tormentoni sono stati abbondantemente soddisfatti, i seguaci del primo periodo hanno avuto la possibilità di ascoltare le tracce più importanti di Prima di Essere Un Uomo e Il Dado, i giovani quarantenni amanti di Battisti si sono crogiolati nel romanticismo quotidiano di inizio concerto, i figli del cantautorato puro e duro hanno gioito del Silvestri al pianoforte. In effetti non c’è niente che sia andato storto in questo concerto, anche perchè il rischio di vedere un Silvestri in versione promozionale viene evitato. Non c’è bisogno di essere o essere stati fan: basta quel pizzico di attenzione in più che, in onore al merito, bisognerebbe rivolgere  a chi come Silvestri è riuscito ad inventarsi un uso libero delle parole, piegandole con maestria ai propri scopi, legandole ad un tema politico, sentimentale o esistenziale. In una specie di Almanacco Silvestri, è emersa la mutazione di un artista nel lungo passaggio dai venti ai quarant’anni, senza rimorsi, fiero di aver prodotto qualcosa di buono ad ogni apparizione discografica, con episodi davvero eccellenti.

Daniele Silvestri in rete

Elia Billero
Elia Billero
Elia Billero vive vicino Pisa, è laureato in Scienze Politiche (indirizzo Comunicazione Media e Giornalismo), scrive di dischi e concerti per Indie-eye e gestisce altri siti.

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