sabato, Novembre 23, 2024

Kele – The Boxer (Wichita, 2010)

Solitamente le avventure soliste di musicisti da sempre legati a una band sono dovute a necessità creative che non riescono o non possono essere espresse all’interno del progetto principale, oppure alla voglia di affermazione personale che anima praticamente tutti gli artisti. Ci si aspetta dunque da dischi come quello di Kele Okereke qualcosa di forte, qualcosa che abbia alla sua base uno spirito avventuroso musicale ed umano. Nella storia del rock ci sono stati molti esempi di questo tipo, a partire dalle sortite di Lennon o Peter Gabriel fino ai casi recenti di Jonsi o Thom Yorke. Quando si ascolta The Boxer ci si trova invece davanti a un disco ben diverso da quanto ci si aspetta: le coordinate musicali esplorate dal leader dei Bloc Party non vanno certo in direzioni particolarmente coraggiose o creative. A questo punto bisogna cercare altre spiegazioni per la pochezza di quanto arriva alle nostre orecchie, ma è difficile trovarne: forse Kele aveva semplicemente voglia di prendersi una vacanza senza pensare a nulla e ha voluto renderci partecipi di questo suo viaggio (probabilmente a Ibiza, visto alcune inflessioni da dancefloor balearico). Visti i risultati, poteva semplicemente godersi le sue ferie senza portarci questi souvenir. Già il primo brano Walk Tall è senza anima e si trascina stancamente cercando di dare uno spessore a dei bassi grassi (tipo fidget house), non riuscendoci: Kele non ha il coraggio di sconfinare completamente nell’electro tamarra, si ferma a metà del guado e tira fuori una canzone che è alla fine inutile. Lo stesso accade negli altri pezzi in cui cerca di confrontarsi con ritmiche da ballo, ad esempio in On The Lam, tra accenni drum’n’bass e coretti imbarazzanti, o nel singolo Tenderoni, che guarda sfacciatamente agli anni ’90 e tocca il fondo quando viene fatto lo spelling del titolo su dei break sentiti milioni di volte. Il resto è più o meno sempre sugli stessi livelli, dai finti tribalismi di Other Side fino ai beat vagamente claustrofobici di Yesterdays Gone, passando per il lento con archi sporcati di elettronica New Rules. Inutile dire che preferivamo il Kele prima maniera, con la chitarra in mano e tante idee nella testa. Quello di oggi ne sembra solo un lontano parente, purtroppo.
www.myspace.com/iamkele

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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