Potremmo utilizzare diversi aggettivi per descrivere questo disco. Sarebbero tutti inevitabilmente banali: “intimo”, “malinconico”, “introspettivo”.
Proviamo a fare altro cercando di sintetizzare le cause che hanno portato alla registrazione di The Defenestration Of St Martin. Innanzitutto, chi è Martin Rossiter? Agli anta che nei ’90 apprezzavano il Britpop sarà già corso un brivido lungo la schiena: Rossiter era la voce dei Gene, band troppo frettolosamente catalogata come “clone degli Smiths” (anche per via dello stile vocale piuttosto simile) ma che va ricordata almeno per l’esordio Olympian, disco di una bellezza struggente e devastante, una delle migliori pagine di quella stagione breve e convulsa (qualcuno direbbe effimera. Noi no). Il prosieguo della carriera li vide parecchio apprezzati in patria, dove vendettero bene e furono uno dei nomi di punta della “seconda fascia”, dietro i mostri sacri Blur ed Oasis, anche se a livello artistico i picchi dell’esordio non furono mai replicati. Intorno al 2005 l’inevitabile scioglimento, poi il silenzio, l’insegnamento della musica.
Il ritorno da solista ha a che fare con il rimpianto, con la rabbia accumulata di chi, probabilmente, meritava di più. Voce e piano, nient’altro. È pop inglese, spesso giocato sui toni del melodramma, ma c’è anche di più. Molto di più. Ci sono innanzitutto Three Point On A Compass, No One Left To Blame e I Must Be Jesus, tre brani da cuore scoperchiato, dove il pathos, l’emotività e la delicatezza delle melodie elevano alla perfezione liriche che trattano di padri assenti, di vocazione al dolore e in generale di sentimenti mai troppo allegri. Ci sono altri momenti in cui il realismo si fa da parte dando spazio ad una sorta di teatralizzazione del dolore, Rossiter attore solitario su un palcoscenico fatto su misura per lui, ma la spontaneità non cede mai al formalismo. Il risultato è un album vero, appassionante, un piccolo capolavoro da ascoltare in casa, da soli. Un album che non farà notizia, che sarà ben presto sommerso dalla valanga di novità (anzi, per la precisione lo è già stato: è uscito a Dicembre 2012), ma che saprà lasciare un piccolo segno in chi avrà la fortuna di ascoltarlo.