Dopo aver pubblicato una manciata di singoli sulla neozelandeze Flying Nun, i nativi Popstrangers (Joel Flyger, Adam Page e David Larson) debuttano con questo full lenght su Carpark che tira un po’ le somme del loro sound, un garage pop deviato spinto moltissimo verso quella saturazione sonora che era di certe band anglofone post My Bloody Valentine, ma anche dei Blur di Leisure, che con il suono Creation avevano molto più di un debito in sospeso. Su questo contesto sonoro, Antipodes elabora una scrittura ben ancorata ad un minimalismo cronometrico e tagliente, fondamentalmente di matrice psichedelica e vicino al sound di alcune band australiane anni ’80, una per tutte, The Stems, ma con un’attitudine più dark e depressiva. Un contrasto ben delineato dal lavoro di Joel Flyger alla voce, decisamente legato all’universo brit primi novanta, e il tentativo di recuperare timbri e colori wave che ricordano moltissime formazioni inglesi della prima metà degli anni ottanta (da Echo & The Bunnymen fino a Sad Lovers And Giants). Per avere un’idea di insieme basta ascoltare episodi come What Else Could They do, la psichedelica Full Fat, la curiosa rilettura della britpop era in Heaven, le srumentali Cat’s Eyes e Occasion, quasi dei divertissment vicini alla tendenza strumentale e dilatata dei primi Cure. Un lavoro piacevole e assolutamente ben strutturato ma affetto dalla solita malattia enciclopedica che affligge band di questo tipo; difficile inventarsi una scrittura critica, se non creativa, almeno ispirata di fronte ad un panorama di questo tipo.
Diretto da Luke McPake
Direttore della fotografia: Joe Hitchcock
Prodotto da: Morgan Leigh Stewart