Vengono dal Massachusetts gli Speedy Ortiz e arrivano a questo primo full lenght per la Carpark dopo la pubblicazione di un sette pollici (Ka-prow! | Hexxy) praticamente autoprodotto. Anticipato dal singolo Tiger Tank, già disponibile in versione mp3 streaming via NPR, Major Arcana è stato registrato nel Novembre del 2012 allo Stonelab di Justin Pizzoferrato (Chelsea Light Moving, Dinosaur Jr. e molti altri sono passati da li). Non è semplicemente un’informazione istituzionale, considerata la dotazione di accessori, distorsori e pedali vintage dello studio che hanno praticamente fatto parte del progetto degli Speedy Ortiz in fase di registrazione, una dichiarazione di intenti che si innesta perfettamente in un progetto dal forte impatto nineties. Si, perchè il suono degli Speedy Ortiz è totalmente radicato nei suoni di quella stagione dove power pop e l’influenza delle esperienze noise coeve o direttamente precedenti, flirtavano insieme acquisendo una forma rassicurante, potente e sghemba allo stesso tempo, da sembrare una sorta di lavoro perduto di quegli stessi anni. Voce e chitarra di Sadie Dupuis rendono il risultato vicino alla memoria di formazioni come Helium, Juliana Hatfield trio, Breeders, i Guvn’er più pop, That Dog e naturalmente i Pavement di Stephen Malkmus, con cui la Dupuis condivide un certo gusto per l’astrazione in sede di scrittura dei testi. False partenze, un’impronta appiccicosa e contagiosa, saturazione elettrica e quel gusto per le storture armoniche che in quegli anni veniva dritto dalla lenta trasmutazione dei Sonic Youth verso territori più concisi e fruibili. C’è tutto l’amore per un’america popular che mette insieme occultismo, fumetti (Speedy Gomez è un personaggio di Love and Rockets), la scena DIY dei novanta, women’s studies applicato alla narrazione pop. Eppure dietro tutta questa nostalgia, c’è una semplice e muscolare forza elettrica che consente ai pezzi di funzionare a dovere, che si tratti di quelli di derivazione più punk come Pioneer spine, quasi un piccolo miracolo in odor Sleater Kinney, la già citata Tiger Tank, non a caso scelta come singolo, la potentissima Fun che chiude l’album, talmente ruffiana da risultare geniale fotografia di un mondo tra party time e college radio, tanto che qui Juliana Hatfield si sarebbe accomodata benissimo nel prato universitario a pomiciare con Evan Dando; sia che ci si riferisca agli episodi più rarefatti come le nenie-ballad di Hitch e Gary, traccia che in verità sta tra i due mondi appena descritti e che è di una semplicità disarmante, ma con una progressione davvero molto emozionale, che riesce a recuperare quell’anti retorica elettrica, diretta, fisica, umorale e poetica legata ad una stagione che ancora muoveva corpi e mercato.