È una lunghissima parata quella dei They Might Be Giants. Venticinque canzoni per il sedicesimo album del duo americano John & John, alias John Linnell e John Flansburgh. Galeotto fu il giornale e chi lo editò, visto che fu l’aver prestato la penna alla medesima testata ad aver unito i John della situazione. Correvano gli anni ’70 e i due protagonisti della storia erano poco più che ventenni e da allora non hanno smesso di suonare come se avessero alle spalle un’intera filarmonica, impiegando quante più tecniche possibili per ingannare sul numero, reale, di musicisti all’opera; campionamenti, sintetizzatori, drum machine e quant’altro fosse utile per far sembrare gli esili adolescenti dei veri e propri giganti. L’idillio a due ha funzionato fino al 2000, quando alla line up si aggiungono Dan Miller alla chitarra, Danny Weinkauf al basso e Marty Beller alla batteria. Nanobots rappresenta l’ultimo prodotto della formazione così descritta, un album fluido nonostante la mastodontica quantità di tracce in esso contenuta. Picareschi e stravaganti TMBG si distinguono per gli attacchi immediati e che entrano da subito nel vivo della questione (You’re On Fire, Call You Mom, Destroy The Past), per la serie di suite veloci, allegre e in qualche modo collegate fra loro. Si tratta di musica farsesca e teatrale che potrebbe con facilità condividere i terreni delle sagre di paese e correggere, a suon di fisarmonica e sassofono, il baccano del vocio popolare. Filastrocche in musica come nel caso di Nanobots, swing alla happy days (Circular Karate Chop) e brevissimi appunti volanti trasposti in musica, sbirciate di ritornelli tutte al di sotto dei dieci secondi (Have Mind, There). L’album è un intruglio omogeneo di idee, a volte portate a termine altre volte appena abbozzate. Uno stile che rivendica la bellezza della disorganizzazione e del recupero a cuor sereno dell’ispirazione momentanea e fresca. Dal collage di appunti sparsi, di note, registrazioni e jam session, nasce Nanobots la cui composizione anarchica non poteva non trovare rappresentazione nell’immagine dell’artwork, un patchwork di immagini dell’artista Sam Weber.