Al secondo lavoro i Tu Fawning abbandonano parzialmente le atmosfere jazz-noir dell’esordio, per calarsi completamente nel mood oscuro di una musica spigolosa, ossuta, imprendibile, cinematica, dark e sarcastica. I legami col passato sono da rintracciare nella torch song da bassifondo di Skin and Bone, sorretta da un piano grave e dal sibilare di un organo, su cui la voce di Corrina Repp fa la Kate Bush indie, spezzati da un improvviso arrangiamento d’inattesa grandiosità elettrica. Gli umori wave avvolgono l’intero disco, donando a brani come Anchor (con istinti quasi primi Dead Can Dance) o A Pose for no One un’epicità nera, cavernosa e trascinante. Il rotolare imperioso della batteria, essenziale e tribaleggiante à la Moe Tucker, riconduce con la mente a degli Swans light (Blood Stains), laddove i toni in minore di ed il blues che attraversa i brani come un fiume carsico, riporta ripetutamente a Carla Bozulich (In The Center of Powder White o il western di Build a Great Cliff) e alle sue mille incarnazioni (seppure in una variante glam, molto meno cruenta). Arrivando a lambire il garage con i twang di Wager e scendendo giù, fino agli strani esperimenti corali delle conclusive The Break Into, un’ubriacatura virata in trip hop da vicolo (un po’ Lydia Lunch), e Bones: nervosissimo gospel, ora sincopato, ora marziale ed umbratile.
La verità è che oscillando tra David Lynch ed i Cocteau Twins i quattro si producono in un suono imprendibile, che tenta di traghettare i riferimenti pesanti e sanguigni succitati, in un universo più prettamente pop e che, malgrado non riesca ancora a garantire loro l’immortalità, per via di una scrittura ottima ma senza vertici, riesce comunque a renderli subito riconoscibili. Il ché è già un buon traguardo.
[box title=”Tu Fawning – A Monument (City Slang, 2012)” color=”#5C0820″]
Tracklist
Anchor | Blood Stains | A Pose for no One | Build a Great Cliff | Skin and Bone | In The Center of Powder White | To Break Into | Bones [/box]