Weird Dreams – Coreography (Tough Love Records, 2012) - Indie-eye

weird dreams choreograhpy Diavolo di un Johnny Marr. Quanti chitarristi avrà influenzato con il suo stile inconfondibile, fatto di jangle e ricami raffinati? Sicuramente anche Doran Edwards degli inglesi Weird Dreams avrà ascoltato a manetta i dischi degli Smiths. E meno male, altrimenti questo gioiellino che risponde al nome di Coreography non sarebbe venuto alla luce, o forse sì ma in maniera diversa. È la stagione d’oro del pop inglese della fine degli anni ’80 quella che vien fuori da questo dischetto dal packaging essenziale, ma non è tutto: la band londinese riesce infatti ad assemblare un album dove echi wave, nostalgie Sixties da spiagge californiane (ci siamo capiti?) e bordate di puro power pop vengono magicamente amalgamate per un risultato finale davvero sopra le righe. Per capirsi, è come se tutto il genio di Lee Maver dei La’s venisse infine completamente espresso e messo su disco. Difficile resistere al trio di brani che apre le danze: Vague Hotel, Hurt So Bad e Holding Nails sono degli autentici gioellini di pop intelligente e solare, dritto ma anche intricato, potente ed esplicito nel comunicare la propria urgenza espressiva. Ma anche il resto non è da meno, poiché Little Girl è un soufflè di malinconia da tramonto struggente con nessuno da stringere vicino; Suburban Coated Creatures è un concentrato di esuberanza Byrds dagli intrecci vocali vincenti; 666,66 esprime un’idea di psych pop dal refrain tanto semplice quanto trascinante. Tutta questa solarità va comunque a cozzare – donando ulteriore fascino al tutto – con l’impianto testuale (masochismo, solitudine, riferimenti a Satana e fiumi dei dannati) e con la copertina del disco, più consona ad una band norvegese di oscuro Black Metal che ad una di indie pop. Disco che non ha un momento di stanca e che cresce esponenzialmente ascolto dopo ascolto: sicuro che sarà nella top list di fine anno. Graditissima sorpresa, esordio con i controzebedei.