venerdì, Novembre 15, 2024

School Of Language: Intervista a David Brewis

IE:Mi pare che Sea From shore abbia un’anima più soul e funk rispetto alla produzione con i Field Music

DB:La prima cosa da cui mi sento attratto nella musica, sono le influenze Americane; quando ho cominciato a suonare in una band, il repertorio era quasi esclusivamente Americano. Quando ho cominciato a comporre la mia musica per i primi dischi dei Field Music, non avevo nessuna intenzione di imitare modelli Americani, volevamo trovare una nostra via e rappresentare nel modo più onesto possibile le nostre radici. In questo modo ho probabilmente limitato una parte delle mie influenze reali; ho ascoltato molta soul music classica negli ultimi anni e per quanto riguarda il funk, beh, ho ascoltato per molto tempo i Led Zeppelin, perbacco, loro erano davvero funk e sono stato il mio primo amore musicale

IE:A proposito di influenze, trovo incredibile un brano come “this is no fun”, è molto difficile parlarne; ogni venti secondi è sottoposto a cambiamento con salti, livelli e direzioni differenti e un approccio diversificato all’uso della chitarra; dopo tre minuti c’è una bellissima coda funk-disco che cambia la percezione che hai avuto del brano fino a quel momento, ci racconti un po’ l’approccio alla composizione dei brani di Sea from Shore?

DB:Parto quasi sempre da un piccolo elemento musicale e cerco di mettermi nelle condizioni di ripeterlo ossessivamente in qualsiasi occasione, cosi da far emergere altre idee da questo elemento. Adotto lo stesso procedimento per i testi e con Sea from shore sono diventato più consapevole sulla scrittura degli stessi, anche perché volevo finire di scriverli il più velocemente possibile, e nel futuro vorrei esser capace di forzare l’ispirazione, quando è necessario. Talvolta utilizzo dei riferimenti precisi per mettere in atto ispirazioni diverse; la sezione alla fine di This is no fun è cominciata come un gioco sulla chitarra per poi trasformarsi in qualcosa che mi ricordava Flying, la traccia strumentale presente nel Magical Mystery Tour, anche se il risultato finale non suona affatto simile. L’idea iniziale per Rockist 4 passa invece attraverso la somiglianza armonica con la prima versione e Sweet Emotion degli Aerosmith, il che mi ha fatto pensare di incidere una versione che facesse emergere gli elementi Rock piu ovvi, in modo del tutto non intenzionale, questo offre anche un significato al titolo che non era stato previsto in questi termini.

IE:Puoi parlare dei musicisti che hanno suonato nel cd e come è stata la tua interazione con loro?

DB:Per un paio di canzoni avevo la necessità di strutturare I cori su una texture differente invece di utilizzarli come sostegno alla mia voce presentata al livello più alto. Fortunatamente conoscevo un gruppo di ottimi cantanti che sono stati felici di aiutarmi. Queste voci sono le ultime cose registrate per l’album. Su Dissapointment 99 mi ero immaginato sin dall’inizio due chitarre che suonavano la stessa parte all’unisono e in modo piuttosto aggressivo, e ho sperato che Barry Hyde (n.d.r. voce e chitarra dei Futureheads) potesse avere il tempo per venire in studio e occuparsi della seconda parte. Abbiamo passato un piacevole pomeriggio insieme, suonando un po’ di chitarra, aggiungendo un po’ di voce e bevendo un po’ di vino. E’ stato un momento splendido, Barry è un ottimo amico e un magnifico chitarrista.

IE:Prima della pubblicazione dell’album, il titolo provvisorio che era stato comunicato dalla stampa era Ships, come mai hai cambiato idea scegliendo Sea From Shore?

DB:Ships non mi ha mai del tutto convinto come titolo per un album, suonava certamente bene e sembrava in qualche modo aderire ai temi del cd. Il fatto che fosse stato pubblicato in tempi recenti un album con lo stesso titolo è stata una buona scusa per pensare ad un’alternativa. In modo del tutto casuale ho digitato alcune parole su Google e ho ricavato una citazione da Pepy’s Diaries che includeva la frase “sea-sick from shore”. Da questo spunto e dalla frase “sea to shore” relativa ai messaggi telefonici che provengono dalle navi e vanno verso la terra ferma ho ottenuto “Sea From Shore” che si lega in qualche modo a Sunderland, che è vicinissima alla costa, e a come la mia prospettiva sia dipendente al mio legame con la città.

IE:A proposito di Ships, credo che si tratti davvero di un brano centrale e molto importante nell’economia dell’intero album. Ad un primo ascolto si presenta come una canzone pop molto tradizionale, ma la sua struttura è costituita da frammenti, fratture, esplosioni, crescendo, persino il tuo cantato subisce una trasformazione dal Pop verso qualcosa che segue linee e percorsi del Jazz sperimentale; e tutto questo in una durata molto concisa….

DB:Ho scritto la maggior parte della musica per Ships molto tempo fa ma mi ci è voluto molto per ottenere una melodia che mi convincesse del tutto. Gli accordi sono molto forti, in altre parole, il movimento armonico tra gli accordi implica un lavoro superiore a quello della melodia, se tu suoni un accordo ci sono un sacco di cose da fare dal punto di vista melodico, ma se ci sono molti accodi che hanno questo tipo di movimento, le possibilità si riducono. Sono venuto a capo della melodia mentre ero seduto sul treno e lasciavo la stazione di Newcastle; ho pensato che gli accordi e la melodia avrebbero potuto lavorare con impostazioni del tutto diverse e che avrei potuto strutturare la canzone in modo da registrare ogni ciclo di accordi con modalità differenti; cosi il primo livello è solamente chitarra e voce, il secondo è la costruzione di un loop percussivo, e l’ultimo è un setting abbastanza tradizionale con una parte armonica corale. La sezione centrale segue altri elementi del tutto distanti dagli accordi, per poi tornare indietro; ed è a questo punto, dopo la leggerezza delle prime due sezioni, che volevo ottenere qualcosa che suonasse in modo imponente, cosi ho registrato una traccia di batteria in un lungo corridoio situato sotto il nostro studio. Penso di aver copiato un po’ dai Led Zeppellin per molte idee presenti sul disco! La sezione centrale pensavo non avesse bisogno di altro testo cosi ho elaborato una piccola parte di chitarra in forma melodica più che solista, e l’ho raddoppiata con la presenza di un piano. Ships è la canzone tra quelle che ho scritto , maggiormente influenzata dalla storia economica di Sunderland, che per moltissimi anni si è sviluppata intorno alla costruzione di imbarcazioni e che adesso , dopo un lento declino , è praticamente inesistente. Ships me la sono immaginata come il racconto di una persona che riconfigura se stessa, quando buona parte della sua vita ha perso totalmente di significato. Mi piace molto questa canzone, ma non credo che potrò suonarla spesso dal vivo, sarebbe impossibile rendere tutta la dinamica ottenuta in studio ed è comunque molto difficile coinvolgere il pubblico con una canzone molto lenta e complessa.

IE:Hai suonato quasi tutti gli stumenti dell’album; cosa farai per un’eventuale traduzione live di queste tracce?

DB:Ho scritto e suonato buona parte dei brani presenti su disco semplicemente con una chitarra; con un certo tipo di lavoro ho trovato il modo di suonarmele da solo. Ho fatto un concerto con una band, a Chicago durante la festa per il 15mo anniversario della Thrill Jockey che mi ha supportato procurandomi un bassista e un batterista. E’ stato splendido e abbiamo ottenuto un ottimo risultato, se potrò farò altri concerti con una formazione del genere. Sto cercando di mettere insieme una piccola band per questa parte dell’Atlantico, ma sarà essenziale, al massimo due chitarre, un basso e una batteria.

IE:C’è un tour in programma per School of language, e nel caso, hai pensato di venire anche in Italia?

DB:Non c’è un progetto preciso per un tour e ad ogni modo, il budget al momento è piuttosto ridotto. Mi piacerebbe venire in italia, come Field Music ci abbiamo suonato solamente una volta. Se devo affrontare il palco da solo, è molto facile; si tratta di saltare su un aereo con la mia chitarra; se devo considerare una band, dipende da chi è disponibile, e dal set che saremo in grado di mettere in piedi; incrocio le dita!

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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