Combo francese attivo sin dal 2010 i Climat hanno realizzato prima di “iccopoc papillon” solo un altro album pubblicato nel 2013 e che ha consentito alla band di condividere il palco con formazioni come Civil Civic, Mars Red Sky, Seal of Quality, Quadrupede, Microfilm. Artefici di un rock strumentale sul modello di molte band degli anni ’90, con il nuovo album mettono insieme dieci tracce con l’intenzione di omaggiare la musica underground degli ultimi vent’anni. Ambizioni a parte i riferimenti sono quelli che si riferiscono all’ondata post-rock all’apice della sua codificazione, dall’impatto orchestrale dei Mogwai alle atmosfere più meditative di Aerial M fino alle strutture più geometriche dei matematici faraquet. Questa la superficie più evidente, perché una volta entrati nel loro universo sonoro, emergono numerose sfaccettature legate ai decenni precedenti della musica rock, tra psichedelia, desert rock e persino qualche incursione prog tenuta sotto controllo e asciugata dai pericoli del barocchismo. Da questo punto di vista, episodi come Piece détachées e Promis, demain j’arrete emergono sotto forma di strani mostri sonori che sintetizzano più storie (King crimson, i Rush, The Gathering, Voivod) veicolandole con una semantica anni novanta, niente di innovativo ma comunque sul solco delle riscritture intelligenti e ricche di vitalità.