Stina Tweeddale e Shona McVicar vengono dalla Scozia, Glasgow per la precisione, e sotto la sigla Honeyblood si infilano dritte dritte in quel filone che si ripromette di promuovere le tipiche sonorità da Indie Rock Band anni ’90. Chiari quindi i riferimenti: Hole, Throwing Muses, Breeders. Che poi sono le stesse influenze di molte bands attuali, basti pensare alle Dum Dum Girls o alle Bleached. Funziona questo esordio su Fat Cat Records? Sì e no. Ci sono buone idee, direttamente mutuate da certa immediatezza melodica molto College Rock come l’iniziale Fall Forever e Biro, dove un leggero spleen da teenage (molto) e riot (poco) veicola sapientemente la freschezza delle due giovani. In generale tutta la prima parte si lascia apprezzare e scorre via che è un piacere; le chitarre non ruggiscono mai troppo, mantenendosi discretamente leggiadre. Crediamo sia un bene, poiché troppe distorsioni avrebbero sicuramente banalizzato un sound che invece in questo modo mantiene una sua pur minima peculiarità.
La seconda parte del disco mostra inevitabilmente la corda, soprattutto quando le due giocano la carta di un intimismo (All Dragged Up, Braidburn Valley) che mal si combina con il resto dei brani in scaletta e dove nulla si aggiunge a ciò che si era sentito precedentemente.
Insomma, un esordio che presenta alcuni spunti interessanti ed una manciata di buone canzoni (vale la pena ricordare anche Choker e Bud), ma che complessivamente, se paragonato ad altre bands simili attualmente in circolazione, non va al di là di una risicata sufficienza.