Kazuyuki Kishino meglio conosciuto come KK Null è un musicista giapponese sperimentale, artefice di progetti estremi tra hardcore e rumorismo, tra cui i notevoli Zeni Geva, ha collaborato nella seconda metà degli anni ’80 con moltissimi artisti che hanno fatto della sperimentazione attraverso il rumore una ragione estetica molto precisa; tra questi John Zorn, Yona-Kit, Steve Albini, Boredoms, Seiichi Yamamoto, Jim O’Rourke, Merzbow, Fred Frith, James Plotkin, Keiji Haino, Otomo Yoshihide. Instancabile fino ad oggi, ha reso sempre più “eteree” le sue escursioni nel rumore bianco, l’elettroacustica, la costruzione di veri e propri paesaggi sonori tra istanze post-industriali e un’attenzione maniacale alla prassi del field recording e alle sessioni improvvisative. Incognita è un progetto condiviso con Israel Martinez e suo fratello Diego, conosciuto con il moniker di Lumen Lab, il cui lavoro per l’etichetta Abolipop, consta di un buon numero di album all’insegna di un’idea di elettronica estrema, fatta di interferenze, disturbanti scariche elettroacustiche, e una forma di ambient ai limiti dell’audibilità, basta pensare a titoli come Shhhiittt live!! oppure al bellissimo esperimento chiamato “in memoriam“, inciso a nome Israel Martinez e condiviso con alcuni artisti del calibro di Murcof, Philippe Petit, lo stesso Lumen lab, Alvaro Ruiz e altri, sospeso tra un’inquietante conteplazione della morte e un disegno sonoro esplorativo fatto apposta per tracciare la mappatura di spazi urbani e il cui ascolto veniva consigliato in cuffia, mentre si percorrevano parchi e spazi di quotidiana convivenza.
Incognita mette insieme l’esperienza non dissimile di questi musicisti in un lavoro connettivo esperito a distanza, KK Null a Tokyo e i Martinez a Berlino nel tentativo di giocare con i field recordings e la loro idea di interferenza e improvvisazione, isolando suoni da scambiarsi, come fossero delle esperienze sonoro-geografiche ben distinte, messe insieme in seguito in una nuova esperienza cognitiva che fonde gli aspetti più tribali, ritmici e terroristici del polistrumentista giapponese, con il disturbante e anche contemplativo lavoro sulle frequenze dei fratelli martinez.
Quattro tracce, quelle di Incognita che riverberano l’aura sonora delle città, con una natura che ogni tanto emerge da un paesaggio ormai già dato come tecnologizzato. È certamente un’esperienza ambient, ma nella sua accezione più ampia che scardina l’idea di abbellimento sonoro liquido e collocato sullo sfondo di qualsiasi evento, per riappropriarsi dell’esperienza percettiva tra rumore, elettricità e metallo che sperimentiamo ogni giorno in un contesto che non conosce più il silenzio. La prassi è quella del vagabondaggio sonoro, la scoperta di un paesaggio “incognito” appunto, imparare ad ascoltare e a distinguere i suoni, anche quelli più terribili, nella nostra esperienza urbana quotidiana.
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