lunedì, Novembre 18, 2024

Tuxedo – s/t: la recensione

Mayer Hawthorne, crooner soul e pezzo da novanta della Stones Throw, mette insieme il suo talento a quello del produttore hip-hop Jake One per dare vita al progetto Tuxedo sotto il segno di quella rinascita funk che sta imperversando in ogni dove. Il mood è quello dei bassi slappati e di handclaps a profusione per come li abbiamo conosciuti attraverso la musica di Cameo, Chic e Shalamar, sopratutto i primi per i synth e i secondi per le chitarre.

Il rischio dell’effetto Chromeo c’è, ma i Tuxedo sono molto più colti del duo canadese per rischiare l’annegamento nella melassa elettrofunk, recuperando con maggior rigore musica uptempo, disco anni ottanta e R&B con una visione molto più ampia legata alle derive pop di fine anni settanta per come sono documentate anche dalle raccolte più “weird”  Too slow to disco (recensite anche su IE, volume uno, e volume due).

A conferma dello spettro sonoro molto più largo, il precendente lavoro solista di Hawthorne intitolato Where Does This Door Go?, strano tributo al pop degli Steely Dan a cui faceva da contraltare il progetto collaterale Jaded Incorporated, votato ad un’elettronica molto più pesante. Il crocevia è questo Tuxedo, così ancorato al passato in modo apocrifo da risultare del tutto pulito e fresco. A conferma, la perla posta in chiusura e intitolata Number one, cover non dichiarata di un brano di Snoop Dogg (Ain’t No Fun) che viene esplicitamente campionato, ma come propellente per una reinvenzione ripulita e sotto il segno del divertimento.

Tuxedo – R U Ready – video ufficiale

 

Stefano Bardetti
Stefano Bardetti
Stefano Bardetti, classe 1974, ascolta musica dai tempi appena precedenti al traumatico passaggio da Vinile a CD; non ha mai assimilato il colpo e per questo ne paga le conseguenze.

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