Daniele Martinis prosegue con la sua galleria di videoritratti di qualità pittorica e fotografica con quello che forse è il suo lavoro meno convincente. Avevamo parlato della sua videografia in altre occasioni, una di queste era la recensione del video di “A Morte l’amore“, realizzato per “Io Me Me stesso”. Lanciato lo stesso giorno della clip diretta per La Zero (Abracadabra), il video concepito per Vinicio Capossela e Young Signorino sfrutta un immaginario abusatissimo per raccontare la realtà ipermediale.
Semplicità, ma come sinonimo di semplificazione, a partire da quel wall montato con schermi catodici e monitor LCD, immerso in uno scenario di frontalità teatrale, unico diaframma tangibile tra il set e i confini dell’inquadratura, con quelle imponenti colonne che alludono al dubbio sospeso della quarta parete.
Letto in questo modo, il video apre prospettive interessanti, sostituendo alcuni segni della comunicazione di massa con incorporazioni destinate a generare una sorta di “nostalgia per il futuro”. Nel fare questo, sovrappone segni codificati, senza scatenare alcuna reazione.
Capossela che indossa abiti e maschera del seicentesco medico della peste, Signorino mentre propaga il virus della telepresenza.
Totem che non vengono incendiati, tanto sono riproposti nella loro staticità storica, da Nam June Paik fino al David Bowie de “L’uomo Che Cadde Sulla Terra”. Proprio il film di Roeg, da una dimensione della tecnologia ormai archeologica, riesce ancora a ferire e a raccontare quello che non riesce a Martinis, ma anche al malcelato moralismo di Capossela.
La paura del vuoto.