L’associazione culturale Tan-gram in collaborazione con www.indie-eye.it espande quattro serate di cinema incarnato; ogni martedì dalle 21:30 fino alle 1:00 a partire dal 20 Marzo sarà possibile penetrare inland empireS , un unico film (in)certo minacciato da visioni disseminate selvagge, rare, impreviste e mai annunciate con gli occhi di John Carpenter, Nicolas Roeg, Takashi Miike, Tsai Ming Liang, Rian Johnson, Todd Haynes, K. Kieslowsky, Afrirampo, Fernando Lopes, Tony Gatlif, Jan Svankmajer, Jiri Barta, David Lynch, Olivier Assayas, Atom Egoyan, David Bowie, Dusan Makavejev, Edgar G. Ulmer e altre apparizioni. L’ingresso è ovviamente gratuito ma occorre sottoscrivere una tessera annuale almeno 24h prima per accedere ai locali. Tan-gram è a Firenze in via dei serragli3/r. Per il programma completo:
inland empireS
4 Serate di Cinema Incarnato
Both “direction” and “geography” seemed to me the discontiguos arbitrary systems of others rather than projected possibilities for the fluid orientation of my own being”
Vivian Sobchack – Carnal Toughts
Martedì 20 Marzo:
BAD TIMING (Nicolas Roeg, GB 1980; con Teresa Russell, Art Garfunkel, Harvey Keytel, )
Versione Originale Inglese, sottotitoli Inglesi.
“……If you can see the front and back, it means that you, the viewer, are in the picture….(you) are not a voyeur looking from a distance….(you’re) participator”
David Hockey – Hockey on Photography
Qualsiasi tentativo di ridurre la struttura dell’opera di Nicolas Roeg ad una prospettiva esclusivamente inglese, può essere praticato al prezzo di seguire una traccia negativa. Percorso che non si limita a un flagrante contrasto con la tradizione del cinema britannico classico, ma si estende a un rapporto del tutto eretico con le strategie sperimentali del Free-Cinema.
Non si tratta di un problema strettamente storico-produttivo, segue più una logica visionaria che passa attraverso il Powell di Peeping Tom, trova analogie con la carriera ben più apolide di John Boorman, col quale Roeg condivide un analogo trattamento anti-narrativo di tempo e spazio, sfrutta i tratti più marginali dell’immaginario Hammer rilevando più di un punto di contatto con lo sfortunato Michael Reeves, e con un salto temporale, in sintonia col Cross-Cutting Roeghiano, torna al taglio americano e visionario di Carol Reed. Una linea volutamente a-cronologica, frammenti di un cinema che affonda le radici nel passato e nella stranillusione di una lenta disintegrazione del genere; Un sistema non regola tutto. E’ un’esca per qualcosa. Cinema Hockneyano, minacciato dai difetti della percezione cromatica, dalle increspature, dall’immagine nel suo dis-farsi. Bad Timing, probabilmente uno dei film più carnali e dolorosi degli anni ‘80, assente dalle programmazioni ufficiali, festivaliere e televisive da molti anni, incarna l’occhio come energia distruttiva e lo spazio cinematografico come luogo di collisione temporale, immagine di una mancata sincronizzazione.
Mi ricordo che a New York, di fronte a casa nostra dall’altra parte del parco c’era una vecchia casa molto bella, aristocratica…intorno c’erano altre case, dell’inizio del secolo. Una ad una le buttarono giù e al loro posto sorsero delle mostruosità, ma quella che mi piaceva era rimasta, era sempre lì…di notte, da ragazzo, quando attraversavo il parco, mi serviva ad orientarmi. Anni dopo quando presi la laurea, e cominciai a insegnare, era ancora lì. Un martedì me ne andai a Bostom. Il venerdì quando tornai, era sparita, andata, in un istante.
(Art Garfunkel – Bad Timing)
Martedi 27 Marzo
BRICK (Rian Johnson, Usa 2005; con Joseph Gordon Levitt, Lukas Haas)
Versione originale, sottotitoli Inglesi.
“Il tempo è scorso, si è addensato, è scorso: così come l’acqua scorre, immobile per quel fanciullo […….] Quel fanciullo o quella immagine proiettata dalla mia nostalgia? Così immobile laggiù: come il mio cadavere
Dino Campana “La Verna”- Canti Orfici
Premio Speciale della Giuria al Sundance Film Festival, presentato al Festival di Venezia nella sezione Settimana della Critica e mai distribuito in Italia; involucro Hard Boiled “rigoroso” e Chandleriano disperso in un contesto da college movie, lontano anni luce dai giochi innocui e innocenti di Kevin Williamson e dalla troppa intelligenza di Roger Avary è una deriva crudele nell’immaginario anaffettivo di tutte le adolescenze filmato con una complessità di segni che incoraggiano e scoraggiano qualsiasi tentativo connettivo. Opera prima di Rian Johnson realizzata con il supporto sonoro di The Cinematic Underground, ospiti su www.indie-eye.it in un podcast dedicato anche a Brick.
Martedì 3 aprile
IZO (Miike Takashi, Giappone 2004; con Kazuya Nakayama, Kaori Momoi, Takeshi Kitano)
Versione Giapponese, sottotitoli Inglesi.
“..Imagine that you are sitting in a movie theater….and our eyes meet those of another cinema audience. The other audience is staring fixedly in a perfect reverse shot at the screened image that you and i are becoming. Who are you? What or who are you becoming? What about me? What are our material relations to each other, to ourselves, and to others in history? What historical epoch is it that we are both within and ceaselessly remarking in some ways, but not other ways?…”
Stephen Pfohl “We go Round and Round in the Night and Are Consumed by fire”
Izo, ovvero il potere distruttivo della messa in scena; attraversamento carnale di un set impossibile, Izo è assassino al servizio di Hanpeida, governatore del periodo Edo; dopo una serie di esecuzioni, viene catturato e crocifisso; la sua rabbia si propagherà attraverso una curva temporale iperbolica fino alla Tokyo attuale dove come homeless tra homeless si trasformerà in una macchina di morte. Uno dei film più estremi di Miike Takashi nello sbilanciarsi tra cinema della carne e cinema della memoria; sospeso in un’agghiacciante defunzionalizzazione di segni, simboli, memoria storica e religiosa è un percorso fisico e psicometrico nella sofferenza; Izo è la reincarnazione, crea il flusso di tutte le cose che esistono. Nel mio fim volevo trattare il flusso della vita. Secondo me le vite non sono isolate, ma sono collegate in qualche maniera, così le problematiche di una società si ripetono sempre e ovunque. Alcuni aspetti si sono evoluti nel corso delle diverse epoche, ma altri sono rimasti fermi. (Miike Takashi) Il film è inedito in Italia, e vede la partecipazione di uno straordinario Kitano takeshi.
Martedì 10 Aprile
SILENI (Jan Svankmajer , Repubblica Ceca 2005, con Pavel Triska, Jan Triska, Anna Geislerová)
Versione originale, sottotitoli inglesi
“Se un’immagine, di per sé, esprime decisamente qualcosa, se evoca un’interpretazione, non si trasformerà al contatto con altre immagini. Le altre immagini non avranno nessun potere su di essa, ed essa non avrà alcun potere sulle altre immagini. Ne azione, ne reazione. E’ definitiva e inutilizzabile nel sistema del cinematografo. Un sistema non regola tutto. E’ un’esca per qualcosa.
Robert Bresson – Scritti sul cinematografo
Jan Svankmajer è probabilmente il regista d’animazione vivente più conosciuto, apprezzato saccheggiato e frainteso; molte delle derive rock in forma video si sono ispirate al suo stile distillando più che altro il valore riconoscibile di una tecnica e anestetizzandone i risultati. Il cinema di Svankmajer al contrario si serve dello stop motion come un dispositivo della mutazione che tramuta in carne qualsiasi testo e oggetto, come in uno dei suoi corti più noti intitolato Meat Love. Sileni, distribuito nei paesi anglofoni con il titolo di Lunacy è inedito in Italia e a differenza di altri film di Svankmajer sviluppati in modo (in)fedele sul testo di alcuni classici della letteratura, è costruito sul corpo di più testi differenti; gli scritti di De Sade e due racconti di E. A. Poe (Le esequie premature e Il Sistema del Dott. Catrame e del Prof. Piuma). De Sade, che entrava di soppiatto nel bellissimo Conspirators of Pleasure, è qui un sistema testuale obliquo che viene connesso e sconnesso fuori dai confini di un plot espanso. Nella francia del 19mo secolo Jean Berlot è minacciato da incubi insostenibili; durante il viaggio di ritorno dal luogo dove si svolge il funerale della madre entra in contatto con un Marchese che lo invita a passar la notte nel suo castello. Tra le mura della dimora, Berlot assiste ad un orgia blasfema e ad una sorta di funerale catartico; è qui che il Marchese cerca di convincere un riluttante Berlot a prender dominio delle sue paure conducendolo in un surreale manicomio dove i pazienti sono in totale libertà e gli inservienti sono chiusi a chiave dietro le sbarre. Svankmajer stesso introduce Sileni come Horror filosofico; il film combina tutti gli ingredienti tipici del suo cinema; live action minacciata da stop motion e viceversa, umorismo digrignante, sesso e ovviamente carne animata.