interviene il Presidente della Repubblica di Frigolandia
La multimediocrità è uno spazio arbitrario, un grado zero della scelta, che apre la via alle più diverse vie di fuga o di impegno…
“Normalmente” la multimediocrità è sempre in fuga da se stessa, si nega come altro dalle gabbie sistemiche e spesso vuole farsi ri/conoscere come sistema, compiacersi della sua negazione come negazione.
Per questo il lancio aggressivo, il “rabbioso” manifesto della “multimediocrità integrale” scritto da Mario Pischedda, di cui “correttamente” la Repubblica e il Corriere ( che lo stesso Pischedda segnala come luoghi-metafora dei grandi media…) non parlano, è una novità rilevante.
Infatti con Pischedda la multimediocrità si spoglia d’ogni “ambizione”, si rivela “nuda” come l’hanno fatta e la fanno i/le multimediocri (che aumentano a milioni ogni giorno), tutti sospesi come libellule stupefatte tra il sublime e il trash, incerti sul senso e il non senso dell’estetica, tra l’autoapprezzamento e l’autocommiserazione.
La multimediocrità inseguita da Pischedda come i levrieri inseguono la (finta) lepre dei cinodromi, pone dunque una questione centrale nella nostra epoca marmellatesca e multitutto: dov’è la differenza tra il bello e il brutto, il giusto e lo sbagliato, il nero e il bianco, l’alto e il basso ecc. ecc. ecc.?
Non bisognerebbe mai dimenticare quello che diceva il popolare filosofo genovese Fabrizio De André: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”.
Mediocri, ma affettuosi saluti multipli.