Terzo appuntamento con i contenuti dedicati a Lago Music Fest, il contenitore musicale del Lago Film Fest, evento festivaliero legato al cinema documentario e ai cortometraggi internazionali, ma da dodici anni attento anche al panorama musicale indipendente italiano. Il cartellone della XII edizione è molto ricco e lo stiamo scoprendo insieme passo passo. Dopo le interviste a Wops e Moplen è il turno di Nularse, al secolo Alessandro Donin, musicista veneto che ha pubblicato un primo Ep intitolato Physical Law per la label fiorentina Fresh Yo!. In dialetto clodiense “Nularse” significa “rannuvolarsi”, quel movimento denso dell’atmosfera che precede la tempesta. La musica di Nularse racconta in effetti gesti ed eventi catturati un momento prima dell’esplosione. Sono i sentimenti del distacco (Say Hello), l’attrazione dei corpi (Honey) e un sentire più endogeno e interiore (la title track Physical Law e I Slowly Go). L’elettronica di Donin non dimentica mai l’estetica pop, quella ovviamente dei grandi alchimisti del genere, e utilizza la struttura per innervarla di incursioni non convenzionali, musica etnica e una relazione tattile tra strumenti analogici e interventi digitali.
Abbiamo chiesto ad Alessandro di parlarci del progetto per capire insieme cosa aspettarci dalla sua esibizione a Revine Lago (Tv) del 28 luglio, durante il Lago Film Fest.
Prima di entrare nel vivo volevamo chiederti come mai un Veneto si è messo in affari con una banda di toscani come quelli della Fresh Yo! Label!
Anche se di rado, può succedere che le cose della vita si incastrino alla perfezione, come in un puzzle. Avevo addocchiato FY! già da tempo, ed ero rimasto fulminato da Veleno, un bellissimo album di Godblesscomputers, uscito per la label fiorentina, che secondo me è rappresentativo di una scena di musica elettronica indipendente sempre più emergente, anche e soprattutto grazie alla rete. La FY! ne è promotrice, e io volevo farne parte. Quindi una volta completati i primi mix di Physical Law, ho scritto loro una mail e, con un pizzico di fortuna, loro mi hanno risposto vivamente interessati. È successo tutto in modo molto semplice, come se la mia entità artistica e la loro estetica musicale collimassero con naturalezza. Da lì l’iter creativo in cui plasmare l’immagine, decidere i pezzi da inserire nell’album, pensare alla copertina… C’è stata una grande affinità, ed è stato molto entusiasmante.
E poi i toscani son forti.
Il tuo modo di avvicinarti all’elettronica è del tutto particolare. C’è molta musica etnica non convenzionale, l’oriente, il gamelan e i tropici, come mai?
E’ tutto frutto di una ricerca di un me stesso musicale che nemmeno io pensavo di avere. Suono la chitarra da almeno 15 anni, e non mi piace lavorare con software che simulino strumenti, è troppo dispersivo per me. Quindi sono andato in cerca di sonorità nuove, a volte provando a caso e a volte seguendo un’idea che avevo a priori, procurandomi dunque strumenti, comprando cose, tirando fuori vecchi regali (e allora anche il flauto delle medie può essere utile).
Adoro avere a che fare con strumenti che non conosco perché è lì che sperimento: spesso per un musicista è lo strumento stesso che tira fuori quello che hai da qualche parte nella testa, e il costringermi a ragionare in maniera differente di volta in volta mi aiuta ad avere stimoli nuovi. In un modo o nell’altro cerco di inserirli nelle mie produzioni, e qui entra in gioco la mia attitudine elettronica. La palette sonora si è creata ad istinto e si è ampliata a mano a mano che prendevo coscienza di ciò. Non avrei mai pensato di inserire kalimba e crotali, eppure sono molto presenti nell’album.
Nularse – Say Hello – video ufficiale
E la fusione tra acustico e digitale, analogico e prassi elettronica, è una sensazione nostra oppure una tua scelta di campo?
Io non mi sento un musicista elettronico, ma un musicista che sfrutta il linguaggio dell’elettronica per costruire quello che ha in testa. Ci sono musicisti a cui basta un software per creare dei pezzi incredibili. Io sono l’opposto: ho bisogno di essere circondato da strumenti che posso toccare con mano. Mi sento un musicista che sfrutta le potenzialità dell’elettronica. A me piace proprio produrre, cioè tagliare in pezzettini le registrazioni, scombinarle, lavorarle nel dettaglio, trovare suoni, arrangiare nei modi più creativi possibili la traccia. L’approccio elettronico questo me lo permette. Quindi credo che una mia caratteristica sia proprio quella di far convivere queste due anime, da produttore elettronico e musicista acustico.
Al di là delle scelte sonore, ci sembra che nella tua musica l’architettura del pop rimanga ben salda al centro. Quanto è importante la forma canzone per te?
A me piace sperimentare, però sempre all’interno di una cornice ben definita. I confini determinati dalla forma canzone mi aiutano a non perdermi, sono come una bussola che tengo sempre in mano. Non mi piace chi si arrocca dietro a sperimentalismi fini a se stessi, e magari arriva a giustificare anche cose di dubbio gusto. È un discorso delicato, ma diciamo che sento troppo spesso parlare male del “pop”, come fosse un genere sempliciotto, per ignoranti. Non è vero, ci sono cose strepitose nel pop, ed è un genere che a differenza di tanti altri si lascia contaminare. Se ascolti pezzi mainstream, che magari girano per radio, anche lì puoi trovare un linguaggio che è andato ad attingere da cose più underground. E allora perché non fare il contrario? La geometria del pop è ciò che mi aiuta a tenere insieme tutto ciò che produco.
C’è una doppia natura nelle tue produzioni creative. Musica e cinema, quale viene prima?
Mi sento musicista, prima di tutto, però ho un’attrazione molto forte verso le immagini. Adoro fare colonne sonore, vorrei farne sempre. È difficile ma stimolante: la musica è a servizio delle immagini, le quali divengono superficie su cui la musica stessa può prendere una forma fisica. Devi interfacciarti con il regista, è un lavoro su commissione che deve lasciarti libertà, e chiunque faccia lavori creativi su commissione sa quanto sia complesso gestirne le dinamiche. Scrivere musica da porre su delle immagini è un circolo creativo misterioso che mi affascina. Anche nei miei video, mi piace essere presente in più fasi possibili, idee, riprese montaggio o quel che si può.
Spinning Top il documentario di Francesco Camuffo con musiche di Nularse
Spinning Top from francescocamuffo on Vimeo.
Puoi raccontarci qualcosa sul videoclip di Say Hello e il breve documentario “Spinning Top”, come mai sono interconnessi?
Francesco Camuffo, un mio amico regista, stava portando avanti un lavoro, un “documentario emozionale”di nome Spinning Top, che racconta la storia di un viaggio fisico ed emotivo di una ragazza nel sud est asiatico. Il suo lavoro mi affascinava, ed ecco di nuovo il puzzle di cui parlavo prima: lui aveva bisogno di una colonna sonora per lo short movie, e io di immagini per il videoclip di Say Hello, e trarle da Spinning Top era l’ideale. Dunque, mentre lui montava alcune tra le sue immagini sulla mia musica, io creavo pezzi inediti sulle sue immagini. È stato molto emozionante e stimolante.
Dove avete girato?
Francesco ha deciso di fare un viaggio di qualche mese nel sud est asiatico. Laggiù ci sono posti incredibili. Lui è un mezzo genio, per carità, ma quei colori, le luci di quei luoghi, di certo aiutano a rendere il tutto incantevole. Tornato a casa ha sbobinato le decine di ore di riprese e il concentrato che ne è uscito è una bomba.
Dalle palme di Spinning top alla flora lacustre del Lago Film Fest. Pensi che la tua musica possa adattarsi in una location così particolare e scoprire nuove risonanze?
Non vedo l’ora di scoprirlo, ma sono convinto che ci saranno delle ottime vibrazioni.