Giorgio Mannucci non è esattamente alla sua prima volta. Il compositore livornese vanta cinque pubblicazioni incise con tre formazioni, tutte originali e vitali, che rispondono ai nomi di The Walrus, Mandrake e Sinfonico Honolulu, l’originale orchestra costituita quasi esclusivamente da Ukulele, che recentemente ha affiancato alla musica un lavoro di scrittura dei testi, prettamente italico. È proprio il successo di quest’ultima avventura musicale, che ha suscitato l’attenzione dei principali media nazionali, a spingerlo nuovamente verso la lingua madre. Il suo nuovo progetto solista non ha ancora un album di riferimento, ma prenderà corpo proprio sul palco del Rock Contest, dove Mannucci è ospite stasera 8 novembre per il secondo appuntamento eliminatorio della kermesse fiorentina, presso il Combo Social Club. Ascoltando i primi demo, si evince la strada che Mannucci vuole intraprendere, legata alla tradizione più nobile della canzone italiana, declinata attraverso una dimensione intimista e con arrangiamenti minimali e raffinati.
Gli abbiamo chiesto personalmente di raccontarci il suo nuovo progetto.
[La foto di copertina è di Giacomo Favilla]
Prima di entrare nel vivo della tua musica, raccontaci come mai la scelta di questo progetto solista a tuo nome, al di là delle tue numerose esperienze e collaborazioni e soprattutto dopo un progetto già così personale e specifico come i Mandrake. Rispetto a quel chamber pop, cosa ci dobbiamo aspettare da Mannucci solista?
Il mio progetto solista nasce circa due anni fa e ha preso una sua direzione poco dopo l’uscita del disco di inediti del Sinfonico Honolulu “Il Sorpasso” nell’ormai ottobre 2015. Dopo la pubblicazione di questo album e dopo essere tornato a contatto con la lingua italiana grazie ai bellissimi testi di Luca Guidi e Luca Carotenuto presenti nel disco, ho risentito l’esigenza di esprimermi nella mia lingua madre, così come avevo già fatto insieme al “maestro Pellegrini” coi The Walrus nel lontano 2007, anno di pubblicazione del disco “Hanno ucciso un robot”. Oltre a ciò, tutti gli ostacoli che si incontrano cantando in inglese che ho riscontrato con i Mandrake, mi hanno riportato sui miei passi.
Rispetto a questa band, ho cercato di trovare una via più minimale, che desse più importanza alle parole e alle atmosfere. Nell’ultimo disco dei Mandrake avevo cercato di esprimere al massimo la potenza evocativa della musica coinvolgendo un numero spassionato di musicisti e cercando delle vie per così dire barocche.
Giorgio Mannucci con i Mandrake – Funk Your Eyes, il video diretto da Ambra Lunardi
Dai demo che abbiamo ascoltato sembra che il suono di Giorgio Mannucci solista sia ancora più intimo e legato alla cura degli arrangiamenti acustici, archi inclusi, quindi acustico ma non in senso scarno e cameristico. Puoi parlarci di queste scelte e dei musicisti con cui le hai condivise?
Il nuovo progetto è nato in camera mia, su una scrivania, davanti a un computer, illluminato da una lampada di quelle verdi da studio serio (sorride) I brani nascono per lo più da dei giri di chitarra o piano, e poi, piano piano, cerco di arrangiare con i potenti mezzi della tecnologia.
Nelle parole cerco di dar risalto alle cose che più mi stanno vicino. Mi faccio ispirare dai miei amici, dalla mia ragazza, da ciò che più io vivo. È un progetto intimo come dici te. Sta prendendo piede adesso e con il contest avrò l’occasione di dargli il via.
Come ben sai però, da soli non siamo niente. Ho dunque avuto l’onore di affiancarmi e confrontarmi con dei validi e giovani musicisti livornesi, Lorenzo Saini e Nicola De Luca – che mi seguiranno sul palco – e dal frontman dei Jackie O’s Farm, Giacomo Vaccai, che mi hanno aiutato nella stesura di questo piccolo demo. Giacomo ha delle idee molto innovative, è un bravo compositore. Le sue canzoni sono finite in diversi film più o meno famosi (N.d.r. Giacomo Vaccai ha ottenuto il David di Donatello come miglior canzone originale per il brano “I’m Sorry” inserito ne “Il capitale umano” di Paolo Virzì) . Chissà se la nostra collaborazione proseguirà. Intanto è stato davvero un piacere lavorare con lui.
Prevedi di pubblicare un album a breve, puoi anticiparci qualcosa e se c’è già un’etichetta interessata?
Siamo senza dubbio in una fase semi-embrionale del progetto. Il mio obiettivo è quello di realizzare un disco. Il Rock Contest mi permetterà di partire e di ascoltare le mie canzoni su di un palco, qualunque sia l’esito. Nel frattempo sto facendo sentire le mie tracce ad almeno un paio di bravi produttori artistici con i quali mi piacerebbe lavorare. I feedback sono molto buoni, ma non vi svelo assolutamente niente.
Giorgio Mannucci con Sinfonico Honolulu, il video di “Perfetto” diretto da Simone Campanella
Pop Inglese, cantautorato classico francese e Livorno. Ci vengono in mente queste caratteristiche pensando alla tua musica. In quali di queste ti riconosci veramente e ci puoi dire, una per una, quale peso hanno nella tua vita personale e artistica?
Sicuramente mi riconosco nell’ultima. Livorno. Da amare e odiare ma è la città dove vivo da ormai 32 anni. Qua nascono, vivono e muoiono le mie canzoni. Alcuni brani sono nati in via Mentana (pieno centro) dove ho vissuto per un anno. Le ultime sono nate nella mia nuova dimora, che senza dubbio mi sta dando notevole ispirazione. Qua si sente facilmente il rumore del mare, l’aria è profumata e l’atmosfera il più delle volte molto silenziosa.
Non saprei dare un nome al genere che faccio. Pop inglese, cantautorato francese non lo so…
Posso dirti che con la scrittura in italiano, i miei ascolti sono andati ad approfondire un po’ quella che è la nostra tradizione musicale. Mina su tutti è un mio idolo, così come Fred Buscaglione. Lucio Dalla lo ascoltavo in macchina con i miei durante i lunghi viaggi ed era sempre una forte emozione. Parlando dei più recenti adoro Daniele Silvestri per i modi eleganti e sottili che ha di avvicinarsi all’amore o anche Morgan, che forse mi rimanda più all’approccio barocco dei Mandrake.
Giorgio Mannucci, la cover di “E se domani” di Mina
( live at Teatrofficina Refugio “Uomini Che Cantano Le Donne” – video Nina Martìn)
A proposito di etichette, contest, agenzie di promozione, testate di settore e soprattutto, social media. Tutto serve a promuovere la musica di qualità, considerato il basso tenore qualitativo dell’offerta di stato, oppure quello autonomo e indipendente è un panorama caotico e indistinguibile secondo te?
Credo che sia fondamentale che ognuno mantenga il suo ruolo. Io con i Mandrake, oltre a comporre, scrivere e pensare, mi sono sempre occupato dell’aspetto booking per esempio. Talvolta con successo, talvolta con sgradevoli delusioni. Sono tutti lavori differenti. Spero un giorno di potermi occupare soltanto della musica e magari stare dietro talvolta alla mia pagina facebook o instagram che sia.
Come mai hai scelto il Rock contest per presentare la tua musica. Si tratta certamente di una manifestazione importante e di qualità, ma cosa può aggiungere ad un musicista con una notevole esperienza alle spalle?
Diversi anni fa arrivammo in finale coi Mandrake proprio al Rock Contest. Diciamo che fu davvero un buon inizio. Portò fortuna.
Controradio inoltre, per la Toscana, credo sia una radio molto importante che gratifica e da il giusto peso ai validi musicisti e ne fa scoprire di talentuosi. Per il mio nuovo progetto è dunque un’ottima vetrina. Un punto di inizio per ricevere anche i primi pareri, le prime confessioni.