Lorenzo Marianelli è un musicista attivo da 15 anni e ha suonato con alcune band toscane tra cui Novadeaf, Model T, Philomankind, Luca Guidi e Betta Blues Society. È proprio l’ultimo album con i Betta Blues uscito nel 2016 per Il Popolo del Blues e intitolato Let Them Out che definisce una svolta nella carriera del chitarrista pisano. Marianelli intraprende infatti la strada solista cominciando a privilegiare la scrittura in italiano e rivolgendo maggiore attenzione al cantautorato, sua grande passione da sempre. Sta ultimando proprio adesso il suo primo album solista previsto per il 2018, che sarà costituito da nove tracce originali.
Quello che abbiamo potuto sentire della sua nuova avventura ci ha convinti molto, perché nella scrittura cantautorale entrano spesso impercettibili elementi che si riferiscono ora alla musica brasiliana, ora ad altre tradizioni, come accade nella musica di Samuele Bersani e nel miglior Niccolò Fabi.
Lorenzo sarà ospite del Rock Contest Fiorentino il 30 ottobre 2017 per la terza eliminatoria del concorso organizzato da Controradio. Si esibirà insieme ad altri artisti al Combo Social Club di Firenze, e per l’occasione gli abbiamo fatto alcune domande per conoscere da vicino la sua musica.
Per consultare tutte le interviste e i contenuti speciali dedicati ai 30 ospiti del rock contest fiorentino, Indie-eye, media partner del festival, ha aperto una sezione specifica da questa parte: Rock Contest 2017, tutti i contenuti
Sei attivo da più di quindici anni come chitarrista, insegnante e compositore e hai suonato con numerose formazioni toscane. Quali di queste ti ha dato di più in termini di maturazione compositiva?
Certamente i Betta Blues Society sono la formazione con cui mi sono tolto maggiori soddisfazioni live e in studio suonando in tutta Italia e all’estero e registrando tre album; dell’ultimo ho curato gran parte dei brani e degli arrangiamenti. Per quanto riguarda la composizione devo però citare anche i Novadeaf di Federico Russo, un ragazzo bravissimo di Pisa che scrive delle bellissime canzoni e Luca Guidi, con cui ho partecipato al Rock Contest qualche anno fa: collaborare con loro come chitarrista mi ha aiutato molto anche dal punto di vista compositivo.
Come è nata la voglia di un lavoro solista?
Ho iniziato a scrivere all’incirca due anni fa; scrivevo in inglese per i Betta Blues e dopo aver completato quel lavoro, ascoltandolo sentivo che qualcosa non tornava: sono cresciuto con l’ascolto dei cantautori italiani (De Gregori, De André, Bennato, Rino Gaetano) e mi sono reso conto che questa modalità comunicativa dopo anni di blues mi mancava molto. Da li sono nate alcune canzoni che parlano di me.
Quando uscirà il tuo primo album e cosa ci troveremo dentro?
L’album sarà composto da nove canzoni e uscirà tra Marzo e Aprile 2018. Nelle canzoni parlo di me, di cose belle e meno belle che mi sono successe in questi ultimi anni, delle mie fobie che fino ad oggi non ero riuscito a buttare fuori e a raccontare: dall’arrivo dei 35 anni al rapporto con Shakira, dalla paura per i matrimoni a quella per la Domenica, e in tutto questo la perdita di mio padre e la nascita di mia figlia. Saranno canzoni non urlate in cui si riflette ma ci si diverte anche.
I tuoi riferimenti sembrano quelli legati al cantautorato pop, quello di autori raffinati come Samuele Bersani e Niccolò Fabi, dove la tradizione italiana si sposa con altri elementi, come la musica brasiliana, il pop albionico e altre influenze “ben” nascoste e mai evidenti. Cosa ne pensi?
Hai detto bene: mi piace molto la commistione di generi diversi fra loro e sopratutto quello che accade (faccio un esempio) ad un brano latino arrangiato da un italiano, alla contaminazione che avviene quando ci si avvicina in maniera magari un pò profana a un genere, lasciando però spazio all’immaginazione senza chiudersi scolasticamente in un contenitore. I nomi che hai fatto sono sicuramente quelli di artisti che stimo molto; ci tengo solo ad aggiungere Daniele Silvestri perché è il musicista che più mi emoziona e allo stesso tempo mi fa sorridere e sintetizza perfettamente il concetto espresso prima. Ho avuto la fortuna di poter aprire un suo concerto con i Betta Blues e di conoscerlo e l’impressione che mi ha fatto è stata la stessa che sprigiona la sua musica. Credo che sia un aspetto importante per un artista.
In questi termini e con queste suggestioni, quindici anni fa la tua musica sarebbe stata cibo per le grandi vetrine musicali. Cosa è accaduto lo sappiamo tutti, a te volevamo chiedere come si esce dall’impasse della riserva indipendente, satura di talenti e povera di possibilità
Non c’è niente da fare: quando ci sono meno soldi ci si prendono meno rischi; questo vale per il bilancio familiare di tutti i giorni, per il bilancio di una piccola etichetta o per quello di una major e tutto ciò porta a far si che il mercato discografico sia meno vario: si produce solo ciò che si sa già che venderà. In piccolo è un pò il sistema dei talent. In tutto questo la musica indipendente rimane nel sottobosco: non sboccia e non appassisce mai, a parte rari casi. Paradossalmente però ho la speranza che le minori possibilità di “sfondare” portino i futuri musicisti a fare solo ciò che preferiscono e ad omologarsi sempre meno con la musica da classifica, a scrivere e suonare sempre di più per se piuttosto che per avere successo. In poche parole artisti bravi ce ne sono in giro, devono solo aspettare il loro momento e nel frattempo continuare a lavorare sodo a quello in cui credono. Per il momento il mio ragionamento si ferma qui e forse è un bene per me, perché questo mi permette comunque di scrivere e provare a portare avanti il mio lavoro.
Chi suona con te nel tuo progetto solista?
Alle registrazioni hanno collaborato vari musicisti: le batterie sono state registrate da Pietro Borsò, bravissimo batterista e percussionista pisano; al basso c’è Fabrizio Balest di Livorno, che poi mi aiuterà anche dal vivo; tastiere e synth sono registrate da Claudio Laucci, sempre di Livorno; nel disco sono presenti due fiati suonati da Mauro La Mancusa e Sigi Beare e un violoncello suonato da Ellie Young; Luca Guidi ha suonato mandolino e classica su un brano; le chitarre sono tutte registrate da me, così come cori e voci.
La produzione a chi è affidata, puoi parlarcene?
La produzione artistica è curata a quattro mani da me e da Federico Russo, il ragazzo con cui suonavo nei Novadeaf: abbiamo lavorato insieme ad arrangiamenti e strutture dei brani. Lavorare insieme mi è piaciuto perché ci completiamo a vicenda: ognuno ha più a cuore alcuni aspetti musicali e questo porta a correzioni reciproche che completano il quadro generale. E’ stato un lavoro abbastanza lungo iniziato nel Marzo scorso, con correzioni e idee che nascevano strada facendo. Il disco è stato registrato presso La Tana Studio di Crespina, Pisa.
Realizzerai un videoclip? Te lo chiediamo perché indie-eye offre uno spazio centrale ai video musicali. Pensi siano un veicolo nuovamente valido, dopo la sbornia degli anni ottanta/novanta, la successiva saturazione e l’avvento di una rete che ormai accoglie qualsiasi formato?
Penso di realizzare due videoclip, e questo risponde già alla domanda successiva: credo che il video sia fondamentale per raccontarsi nel modo giusto. Le immagini, anche solo il colore delle riprese e la scelta dei “singoli” aiutino il pubblico a capire subito chi e cosa si trovano ad ascoltare e a vedere. Semmai l’aspetto più critico è sulla modalità di fruizione e “distribuzione” dei video: fare un video sperando che ottenga passaggi in grossi canali è quasi utopia. L’obiettivo è inserirlo in un contesto coerente di promozione sui social cercando di fare in modo che il potenziale pubblico non si fermi ai primi trenta secondi come ormai succede troppo spesso. Credo che l’ideale sia un mix fra le due modalità: messaggi molto brevi e diretti che creino curiosità e aspettativa per video e album completi.
Il rock contest è la vetrina italiana più importante per quanto riguarda la musica di qualità, anche per un coraggio raro, che è quello di mettere in contatto mondi diversi sotto un comune denominatore. La qualità. Tu cosa ne pensi e come mai hai scelto la kermesse di controradio per “accendere” la tua carriera solista?
Molto spesso concorsi anche importanti sono più un modo per raccogliere qualche euro, fare pubblicità a un locale o a un organizzatore: ho partecipato come chitarrista a diverse edizioni del Rock Contest a partire dal 2010 e dopo aver registrato questi brani ho pensato subito che il primo posto in cui provare a far ascoltare la mia musica dovesse essere questo. Come hai detto c’è grande attenzione alla qualità, un’organizzazione notevole e delle reali opportunità per gli artisti. Essere selezionati e partecipare da la possibilità di avere visibilità verso gli addetti ai lavori, passaggi in radio etc. Mi sembra il modo migliore per far capire a chi partecipa che al di la della proclamazione del vincitore c’è una reale attenzione a quello che viene proposto e penso che far sentire gli artisti al centro del progetto sia la cosa più importante per un evento di questo tipo.
Come ti presenterai nel live del Rock Contest, da solo o con una band? Raccontaci un po’ il set
Ci saranno Ernesto Fontanella alla batteria, Fabrizio Balest al basso, Francesco Longo all’elettrica e Federico Russo a tastiere e synth: quattro amici con cui in varie situazioni suono o ho suonato per anni. Dei musicisti bravi e affidabili che preferiscono concentrarsi sulla “canzone” piuttosto che sull’esibizione tecnica.
La scheda di Lorenzo Marianelli sul sito del Rock Contest 2017