Tra un mercatino vintage e le poesie di Stéphane Mallarmé, le canzoni dei Portnoy contengono una certa causticità; quella che racconta il passaggio all’età adulta con disillusione e amarezza, cercando di raccontare la gioventù attraverso le proprie contraddizioni e la “digestione” di un bombardamento culturale omologato, anche quando si vorrebbe mostrare diverso da tutto il resto. In questo, la musica del quartetto romano, segue la scia del pop italiano più malinconico, dai Baustelle agli Afterhours, ricordandosi di tanto in tanto la lezione del post-punk albionico.
Marco Pittiruti, Francesco Catalfamo, Alessandra Garofalo e Simona Mellone, hanno partecipato a diversi festival e contest tra cui il Meeting del Mare, Pistoia Blues e Tour Music Fest.
Hanno prodotto 9 brani e stanno completando altri pezzi. Sono tra i selezionati per la quinta ed ultima eliminatoria del Rock Contest, prevista per il 10 novembre al BUH! di Firenze. Per l’occasione li abbiamo intervistati.
Portnoy – Lingue
Per consultare tutte le interviste e i contenuti speciali dedicati ai 30 ospiti del rock contest fiorentino, Indie-eye, media partner del festival, ha aperto una sezione specifica da questa parte: Rock Contest 2017, tutti i contenuti
Philip Roth e il suo “Lamento di Portnoy” vi hanno ispirato per il nome che avete scelto, quali sono i motivi?
Eravamo alla ricerca di un nome che mettesse d’accordo tutti, meglio se breve e facilmente memorizzabile. Poi Marco e Francesco hanno pensato alla loro comune passione per i libri di Philip Roth. Alexander Portnoy, protagonista del “Lamento di Portnoy”, è un sessuomane nevrotico, e ci è parso che quel nome potesse essere rappresentativo, in maniera scherzosa, dei temi affrontati nelle canzoni. E poi così alcune persone ci scambiano per una tribute band ai Dream Theater…
Per i nove brani che avete inciso vi siete serviti sia di Stefano Crialesi che del supporto di The Box Studio. Si è trattata di una produzione artistica vera e propria?
Più che una vera e propria produzione artistica, uno scambio di idee con musicisti e amici come Stefano Crialesi e Carlo Cosoleto del The Box. Per quanto riguarda il nostro brano “Lingue”, ci siamo affidati per il mixing e mastering al DBRS di Francesco Grammatico.
Con quali altri artisti avete collaborato per la registrazione dei vostri brani?
Stefano e Carlo sono state le uniche persone con cui abbiamo collaborato finora ed entrambi sono stati incredibilmente preziosi per tutte le idee e i suggerimenti che ci hanno dato.
Crialesi è un giovane cantautore molto radicato nella sua città, sia per quanto riguarda i temi e lo stile, quello di un combat folk molto sensibile e politico. C’è qualcosa del suo modo di fare musica che in qualche modo condividete o che vi ha influenzato?
Le canzoni di Stefano si muovono su un terreno del tutto diverso rispetto al nostro: noi siamo sicuramente più “introversi” nei nostri pezzi, ma lo ammiriamo per la passione e l’impegno che mette in quello che fa. Probabilmente è questo ad accomunarci, al di là dei generi.
Avete un desiderio per quanto riguarda la produzione artistica dei suoni, intendo dire un musicista con cui vorreste lavorare e con cui vi sentite affini?
Al momento non abbiamo in mente nessuno in particolare, ma se dovesse presentarsi la possibilità di collaborare con un musicista al quale affidare la produzione artistica di un eventuale album o EP, sicuramente ci piacerebbe che fosse una persona che abbia già prodotto band o artisti con un sound simile al nostro e con la quale possiamo sentirci liberi di esprimere il nostro modo di fare musica e le nostre idee.
Nella vostra musica c’è molto pop anglofono ma anche molta Italia degli anni zero, dai Verdena in poi, che ne pensate?
Anche se ognuno di noi ha influenze diverse, ci sono sicuramente alcuni gruppi che mettono d’accordo tutti. Le nostre origini sono senza dubbio legate al rock inglese, soprattutto a Joy Division, The Smiths e Blur, ma anche ad un certo lo-fi americano come Pavement e Guided By Voices. Ovviamente, cantando in italiano, ci troviamo a fare i conti anche con chi ha già cercato, in varie forme, di portare in Italia quel tipo di idee e di sonorità: su tutti i Baustelle e i Perturbazione. Anche i Verdena e gli Afterhours sono sicuramente tra i nostri riferimenti.
Della Roma indipendente e non, cosa vi piace, in termini musicali?
Roma è una città che ha tanto da offrire, ma allo stesso tempo ha tanti limiti. Purtroppo non sempre è facile riuscire ad emergere in un contesto dove l’offerta musicale è così ampia. Ciò che però ci piace della scena musicale romana è sicuramente la varietà di generi che offre: abbiamo avuto modo di suonare insieme a band metal, funky, elettropop, ska, ecc., e questo ci ha permesso di confrontarci con realtà molto diverse, arricchendoci.
Avete già partecipato ad alcune manifestazioni live?
Oltre ad esserci esibiti in svariate location di Roma e dintorni, sia in formazione completa e in elettrico che ridotta e in acustico, abbiamo avuto l’occasione di partecipare anche a manifestazioni al di fuori della nostra regione, come il Meeting del Mare (Marina di Camerota, SA) e il Pistoia Blues (SI).
Come nasce un vostro pezzo, in termini di scrittura, tra testi e musica?
Di solito le canzoni nascono da un’idea di testo o musica di Francesco e/o Marco, i quali iniziano a lavorarci per conto loro. Solitamente si inizia con una bozza di canzone in acustico; linea vocale, testo e chitarra ritmica, ma spesso è già presente anche la chitarra solista. Quando il pezzo inizia a prendere forma, lo si arrangia insieme con il contributo di tutti finché non ne siamo soddisfatti.
Il Rock contest cosa rappresenta per voi in questo momento preciso del vostro percorso?
Un’occasione di conoscere altri musicisti e di farci conoscere al di fuori della nostra regione, ma anche di ricevere un giudizio e una valutazione da persone competenti nell’ambito.