giovedì, Dicembre 19, 2024

One! Two! Three! Four! la storia dei Ramones a Fumetti. Di Cadène, Bétaucourt e Cartier: la recensione

One, two, Three, Four. La folla attende l’esplosione elettrica. Il flusso di coscienza salta dalla relazione tra pubblico e palco ad un orgia di alcool e droga, dove i corpi sono senza volti, stretti nella dimensione panoramica della vignetta. Buenos Aires 1996, Dee Dee Ramone non ne vuole sapere dei vecchi compari; ha già dato, che si fottano, li incontrerà controvoglia per l’ultimo concerto dei Ramones.

Dee Dee Ramone, pseudonimo di Douglas Glenn Colvin, figlio di madre tedesca e di un soldato americano, trascorre la sua infanzia tra gli Stati Uniti e la Germania. Berlino è il luogo della formazione e dell’adolescenza, ma Bruno Cadène, Xavier Bétaucourt ed Eric Cartier concentrano gli anni più critici per il ragazzo nella base militare di Pirmasens, città extracircondariale della Renania-Palatinato. La relazione violenta dei suoi genitori, l’alcolismo del padre, i giornalini porno condivisi con i compagni di scuola e la scoperta precoce della morfina, caratterizzano il passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Questa è la lente d’osservazione scelta dai tre autori francesi, la formazione dolorosa di Doug, germogliata nella Berlino divisa, dove l’evasione diventa l’unica scialuppa di salvataggio.

La narrazione di Bétaucourt e Cadène dedica ampio spazio al rapporto di Dee Dee con la madre, condotta sul crinale dell’abisso, tra amore incondizionato e delirio. Un sistema di dipendenze intrecciate che allo stesso tempo apre il cuore del giovane Doug al rapporto viscerale con la musica, dove la donna assume posizione centrale nel primo “incontro” cinematografico con quella dei Beatles, ma anche durante una serie di ascolti condivisi fino al loro approdo newyorchese nei primi anni settanta. Ecco che lo sviluppo biografico passa attraverso i sentimenti di Douglas, il suo precario equilibrio, la tendenza a creare disinnescata un momento dopo da pulsioni distruttive.

I salti sono continui e frammentano la nascita e l’evoluzione dei Ramones con il climax dell’ultima esibizione pubblica del 1996, insinuando il germe del dissidio e della fine come un elemento che modifica lentamente la percezione del lettore.

Éric Cartier, disegnatore dal grande talento attivo dalla fine degli anni ottanta, realizza una versione più sporca e urgente dello stile documentale già affrontato nell’ottimo travelogue autobiografico intitolato “Route 78“, dove la ricostruzione d’epoca viene filtrata dallo sguardo intimo, personale e “nelle cose” che attraversa lo spirito della Storia.
Denso di dettagli e con una grande attenzione alla scansione temporale interna al disegno stesso, il suo tratto è brulicante, spesso ricco di stratificazioni, ma allo stesso tempo metamorfico, vivo.
La narrazione costruita da Bétaucourt e Cadène appoggia l’intensità e la stratificazione dei disegni di Cartier, costruendo una nidificazione temporale che supera la cesura tradizionale in forma flashback. Come dicevamo, si tratta piuttosto di una disseminazione del climax, la cui esplosione viene dilatata per elaborare una riflessione più profonda sul tempo.
Alcuni elementi del passato, in termini di gesti, fatti, descrizioni minime, anticipano il futuro e ne arricchiscono il senso.

Questo non limita lo spessore di altri personaggi, perché la densità di cui parlavamo riesce a verificarsi anche nello spazio di poche vignette successive, come il fugace passaggio di William S. Burroughs in un corridoio dell’Hotel Chelsea, l’incontro con Sid Vicious nei cessi del londinese Roundhouse o quello con Debbie Harry davanti al CBGB frequentato da un manipolo di derelitti. Elementi frequentativi del racconto che servono a Cartier per costruire quadri fulminei tra azione consumata in un lampo e struggente elegia.

Dee Dee e la sua coscienza sono al centro e filtrano in qualche modo tutti gli eventi, tra distorsione della realtà e distacco dalla macchina produttiva. Gravitano intorno tutti i personaggi che hanno favorito oppure reso più accidentato il percorso dei Ramones; dalla disciplina imposta a tutti quanti da Johnny, l’istinto di Tommy e la sua relazione viscerale con le pelli, i disturbi ossessivi compulsivi di Joey, la direzione artistica di Arturo Vega, figura nodale nella carriera artistica della band, a metà tra un geniale direttore artistico, un confidente e uno sciacallo, quasi a riassumere nella sua persona, quel concetto di “Happy Family” che caratterizza la condivisione e la rabbia, il cinismo e la fratellanza, l’amore e la morte, gli abbracci e le coltellate inferte nell’universo Ramones lungo qualche decennio.

L’ombra dei sentimenti mai riconciliati è del resto quella che attraversa elettricamente tutta la storia rielaborata da Bétaucourt e Cadène; le figure femminili vengono descritte come grandi attrattori di energie positive e negative, senza operare una dicotomia precisa. La madre di Doug, ma anche Connie Gripp e il suo rapporto estremo con lo stesso Dee Dee, una delle prime ad andarsene per overdose all’interno della famiglia felice.

E ovviamente Linda Danielle, amore per la vita nel percorso di Joey, quell’amore strappato via da Johnny sul quale negli anni è stata gonfiata una mitopoiesi che coinvolge anche un noto brano come “The KKK took my baby away“, pubblicato nel 1981 nell’album “Pleasant Dreams“.

Sulle origini e i riferimenti del testo, sono molte le conferme e le smentite, ma quello che conta nel lavoro dei tre autori francesi è la tensione che attraversa tutto il racconto, fino all’indifferenza e ai rancori descritti con le ultime tavole, dove la celebrazione del mito separa nettamente la percezione esterna, quella del pubblico, da una storia ormai logora, piena di risentimento e presagi di morte.
L’ultima tavola è un pugno nello stomaco, perché rivela nelle tracce passate il segno di un destino già scritto.

Maybe I was born to die in Berlin

Il volume edito da Edizioni BD è presentato in copertina rigida, con un ricco compendio di note che contestualizzano storicamente i passaggi più importanti del libro, splendidamente tradotto da Marco Farinelli e con il bel lettering di Laura Tartaglia. In calce una ricca bibliografia che conferma l’accurato lavoro documentale svolto dai tre autori francesi, la cui indagine si è alimentata anche attraverso contatti e scambi con i sopravvissuti nella famiglia allargata.  Conclude la sezione dei crediti una tracklist di 17 brani, citati lungo tutto il volume, contestualmente agli eventi narrati e relativi alla discografia dei Ramones oltre agli ascolti che hanno formato la vita di Dee Dee e compari. Per invitarvi ad avvicinare questa splendida opera edita in italia da BD, abbiamo ricostruito la colonna sonora su Spotify, ottima per accompagnare la lettura.

One! Two! Three! Four! Ramones! sul sito di Edizioni BD

“One! Two! Three! Four! Ramones – la tracklist del volume

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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