Gravità Zero è un racconto di formazione di rara potenza, scritto per immagini in continuo movimento. Non mi stupirei se fosse opzionato per la realizzazione di un film, anche se ci vorrebbe la forza visionaria di un regista fortemente ancorato alle cose della terra e capace di ricavare respiro metafisico dal quotidiano.
Joe Jackson lo scrive seguendo il ritmo del racconto cinematografico, con un inizio in medias res, mentre all’interno di un pub prepara uno dei suoi concerti prima della fama, colpito dalle cicche di un pubblico derelitto e costretto a smettere poco dopo per una rissa che devasterà il locale, tra birre lanciate, schizzi di vomito e un acre odore di piscio. Nonostante questo, Joe sa già cosa significa “volare”, perché si immagina la musica come l’unica forma capace di annullare la forza di gravità.
Nato a Burton-on-trent nel 1954 da una famiglia proletaria e trasferitosi dopo il primo anno di età a Portsmouth, Joe passa l’infanzia tra le strade di Pompey e la casa dei nonni a Swadlincote, nel Derbyshire, paesaggio che descrive nei colori più grigi, tra discariche, relitti industriali e uno scenario desertificato e lugubre. Ammalato d’asma e di altri disagi che lo costringono sin da piccolo a seguire terapie estenuanti, diventa vittima del bullismo feroce e amorale che solo la pre-adolescenza può concepire. Mentre il padre gli consiglia perentoriamente di restituire le percosse subite, Joe si rifugia nella piccola biblioteca del luogo a consumare libri di astronomia ed esplorazioni astrali. Solo l’assenza di gravità della fantascienza e i fumetti di Frank Hampson pubblicati su Eagle con le avventure del suo Dan Dare, “pilot of the future”, lo salvano dall’oscenità del reale.
Portsmouth gioca un ruolo centrale in “Gravità Zero”, insieme alle storie di musicisti da pub, figure ai margini della società e personaggi descritti con una forza umana e iconografica che emergono dalla pagina con un’autonomia assoluta, quasi che il talento musicale di Jackson qui si traducesse nella crudezza di un pittore al confine tra realismo ed espressionismo.
L’ambiente scolastico non è certo più facile per Joe, non solo per i maltrattamenti subiti in giovane età, ma anche per il suo collocarsi ai margini, rispetto ad un’adolescenza votata allo sport e ai piccoli successi predatori. Ad emergere con intensità è l’attrazione per il pianoforte e per il violino, tanto da consentirgli di avvicinarsi alla Royal Academy of Music di Londra con un certo scetticismo per il percorso classico e confinando gli studi all’apprendimento delle percussioni. Dimostra quindi sin da subito un animo ribelle e anti-accademico, nonostante il suo primo disco, quello collocato nello scaffale immaginario dei primi acquisti, sia “La Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore Op. 55” di Beethoven, nota come Eroica, il segno più vivido di una concezione della musica come “pura emozione” e incontenibile energia e che troverà compimento nelle numerose colonne sonore realizzate dal nostro.
Da questo punto di vista, come dicevamo all’inizio, “Gravità Zero” è un vero e proprio romanzo di formazione, che esce dai confini angusti dell’autobiografia, tanto da occuparsi solamente dell’infanzia, dell’adolescenza e della giovane età fino alla realizzazione di “Look Sharp”, il primo album di Jackson pubblicato nel gennaio del 1979.
Invece degli anni del successo, sono le difficoltà e l’insuccesso a interessarlo, come vera e propria materia su cui si è plasmata la futura carriera.
Il racconto gioca frequentemente sul détournament dalla narrazione biografica cronologica, attivando numerose riflessioni sulla musica che ha formato la percezione di Jackson, dal già citato Beethoven fino agli Steely Dan, da lui definiti come un’influenza fondamentale.
Quasi come se fosse un’epica picaresca proletaria, ispirata in parte alla scrittura di Roddy Doyle, Jackson alterna il flusso di coscienza sui processi creativi, alla descrizione di bozzetti tra il comico e il grottesco che spostano la percezione di una vita “punk” intesa come postura, verso quella stessa attitudine vissuta radicalmente e fino in fondo in un contesto sociale difficile e crudo.
La scrittura di Jackson allora oscilla tra la ricerca della magia, nel tentativo di avvicinarsi alla descrizione astratta della musica, per poi precipitare bruscamente verso la terra, come la corsa di un bimbo con un aquilone che finisce violentemente con faccia e ginocchia sbucciate, per una rovinosa caduta. In questi momenti, ancora vivi e potenti, Jackson rinuncia a quel grado di artisticità che sarebbe stato tipico per un’agiografia, cercando lo stile nella sua assenza e la poesia tra le cose del quotidiano.
L’edizione italiana, a cura di Claudio Fucci, è tradotta splendidamente da Fabrizio Forno, e individua la prosa spesso aspra di Jackson, restituendocela in modo efficace, tra effetto comico-grottesco, tragico quotidiano e ricerca del sublime.
“Gravità Zero” è pubblicato da Vololibero edizioni e si può acquistare direttamente dal sito dell’editore.
Il 21 luglio 2019, presso la libreria il Libraccio di Firenze alle ore 18:00, Joe Jackson incontrerà il pubblico e i suoi fan, per presentare l’edizione italiana del libro e per firmare le copie ai fan.
Il 22 Luglio Joe Jackson sarà a Fiesole, nella suggestiva cornice dell’anfiteatro romano per l’unica data italiana del suo tour che celebra 40 anni di carriera con quattro dischi (uno per decennio) fondamentali nella sua carriera.
Puoi acquistare i biglietti su Ticketone.