Di Alberto N.A. Turra avevamo parlato recentemente in occasione dell’uscita dell’ottimo Spiritsongs. Il chitarrista italiano è uno dei più versatili del nostro paese, perché oltre alla sperimentazione (spiritsongs ne è fulgido esempio) e alla collaborazione in ambiti maggiormente pop (Capovilla, Roy Paci, Diego Mancino), il nostro lavora attivamente in contesti teatrali e cinematografici.
Filmworks raccoglie quindici anni di esperienze in tal senso, mettendo insieme musica mai ascoltata fuori dai contesti rappresentativi a cui è legata.
Grazie all’etichetta torinese Felmay, già insieme a Turra per altri progetti, viene diffusa quella che lo stesso chitarrista chiama la sua produzione “su commissione”, aspetto che lo ha spinto a scegliere quelle musiche che potevano vivere liberamente di vita propria fuori dalle cornici originarie, quelle teatrali e cinematografiche.
Ecco che l’ascolto si libera e ci consente di operare una sintesi critica senza per forza dover rintracciare una connessione con il movimento e le immagini.
La chitarra di Turra risulta selvaggia e indomita (Otto Haiku sulla morte (the first)), ma anche capace di dialogare con un contesto più orchestrale (Seconda lamentazione), una scelta bipolare che attraversa quasi tutta la raccolta, sospesa tra autonomia disperata dello strumento (Irish Mississippi) e dialogo con altri universi sonori, come quelli delineati dal piano di Cellule.
L’eclettismo di Turra e la sua capacità di passare dal noise alla psichedelia, fino a lambire i territori dell’ambient e della drone music, non è il risultato di una mancanza di centralità nel suo personale discorso musicale. Al contrario le forme della scrittura diventano vera e propria fenomenologia sonora, capace di scandagliare spirito e corpo, terra e cielo, in una dimensione che mette sempre al centro la chitarra, come strano attrattore per differenti polarità espressive.
Merito certamente del lavoro di selezione, ma è proprio questo, se fatto con intelligenza, che consente di creare una narrazione differente dal contesto originario, dove le immagini erano prioritarie.
Turra si conferma non solo come chitarrista di talento, ma anche come autore eccellente, uno di quelli che sta testimoniando l’importante passaggio della musica sperimentale italiana nel contesto cinematografico, un aspetto da non sottovalutare (basta pensare al recente “I Cormorani” di Spaccamonti / Moro) e che sta cambiando il modo di concepire la musica per immagini oltre a provenienza, background e ruolo del compositore per il cinema.