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Ani DiFranco – Teatro Puccini, Firenze 11 settembre 2014: la recensione del concerto

È un’Ani DiFranco in perfetta forma quella vista lo scorso 11 settembre al Teatro Puccini di Firenze, accompagnata dal contrabbasso di Todd Sickafoose, dalla batteria tra folk e jazz di Terence Higgins e dalle sue chitarre acustiche, la songwriter di Buffalo sembra aver fermato il tempo tanto da presentarsi con la stessa energia degli esordi per proporre l’inconfondibile fusione tra folk, funk e attitudine punk che con rigore e costanza ha attraversato tutta la sua discografia. Il live viene introdotto da un breve set di Shabsi Mann, la cui chitarra è accompagnata dal violoncello di Mika Hayashi Ebbesen, breve e intenso concerto di presentazione del nuovo Ep “Whispers of Stardust Ear Hugs“, assolutamente radicale nel mantenersi aderente alla tradizione del rock delle origini e ad un minimalismo scarno di matrice velvetiana. Shabsi Mann è simpaticissima e intrattiene il pubblico con le sue ballate sghembe ed ipnotiche così da scaldare la platea in attesa dell’ingresso di Ani.

“Anticipate” è il brano di apertura del concerto, un classico del suo repertorio tratto dal secondo album pubblicato nel 1991, e collegato direttamente all’altro estremo della sua lunga carriera con “Splinter”, tratto dal penultimo lavoro del 2012,  dove mantiene comunque una grande forza politica, scivolando in un intimismo confidenziale radicato nel songwriting di Joni Mitchell. È sempre “¿Which Side Are You On?” la raccolta da cui preleva suggestioni, passando direttamente a “Promiscuity”, scritta come un diario nella prospettiva del viaggio. Si torna indietro ai tempi di “Not a pretty Girl”, vero e proprio manifesto tratto dall’omonimo album del ’95 al quale affianca “angry anymore”, pescata da “Up Up Up Up Up Up” e che presenta come “una piccola canzone famigliare, per chi ovviamente ha una famiglia“, segno preciso dell’evoluzione di Ani, la cui percezione della rivolta è diventata sempre più un fattore endogeno, un punto di incontro tra vita personale e attivismo che ha trasformato la rabbia in una forma di conoscenza più consapevole ma altrettanto potente.

E continua così  attraverso un percorso ampio, avanti e indietro fino a spezzare in due il concerto con la lettura di alcune sue poesie estratte dalla raccolta edita anche in italia da Minimum Fax e intitolata “Self-evident”, facendosi aiutare da Heidi Kunkel, tour manager e addetta al merchandising. Un momento divertente e intenso dove la Kunkel legge la versione in Italiano e Ani replica subito dopo recitando l’originale con una lingua fisica e squisitamente musicale che più di qualsiasi analisi racconta la scrittura della DiFranco come un viscerale e allo stesso tempo sofisticato dispositivo ritmico, free talking del ventre e del cuore che riesce anche da solo ad elaborare una scansione ritmica formidabile. Quando recita le sue poesie Ani sembra quasi un Boxeur, e del resto tutto il concerto è come se si svolgesse su un ring, per la forza e la prossimità fisica che riesce ad esercitare sulla platea, da vera e propria “Joyful girl”.
Da “Allergic to Water”, il suo nuovissimo album, presenta un paio di brani, forse gli episodi più contemplativi di tutto il concerto, scusandosi se la confezione che è acquistabile al banchino è quella senza l’artwork definitivo, un approccio ancora fedelmente DIY, che per certi versi ricorda il dialogo che Ian McKaye ha sempre instaurato con il suo pubblico; Ani scherza, gioca con tutti, cerca una risonanza immediata, omaggia Dante come il poeta che “parlava d’amore quando non era cool farlo” e arriva dritta al cuore di chi ascolta.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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