Karim Qqru, al secolo Gian Paolo Cuccuru, è un musicista, compositore, produttore e batterista. Oltre alla sua militanza negli Zen Circus ha collaborato con numerosi artisti della scena nazionale e internazionale, tra cui Brian Ritchie dei Violent Femmes, Kim Deal, Nada, Giorgio Canali, Federico Fiumani, Corrado Nuccini dei Giardini di Mirò, Emidio Clementi dei Massimo Volume e moltissimi altri.
Il progetto solista sperimentale “La notte dei lunghi coltelli” è uno tra i più interessanti esempi di contaminazione sonora prodotti in Italia.
La stessa passione per i suoni, la loro origine e tutte le possibili manipolazioni, è alla base di Dirt Tapes, realtà metà livornese e metà forlivese, fondata Da Karim insieme a David Stefani, Max Iantorno e Giacomo Coveri.
Non è solo un’etichetta specializzata nella ristampa e distribuzione di musica in formato audiocassetta, ma anche concept a tutto tondo legato alla “tape culture“.
Tra i prodotti che Dirt Tapes produce e distribuisce, c’è un riproduttore per audiocassette noto come Tape-Roller, cassette vergini ancora sigillate con nastro al cromo degli anni 90, un bazaar di cassette d’epoca testate e funzionanti e anche custodie, portacassette e altri accessori, oltre ovviamente ad una serie di nuove ristampe pubblicate su nastro e una collana di inediti legata al mondo delle colonne e delle librerie sonore italiane degli anni sessanta, settanta e ottanta.
Per conoscere da vicino Dirt Tapes e la filosofia sonora ed estetica che veicola, abbiamo intervistato Karim Qqru
Da dove nasce il tuo amore per l’audiocassetta?
La cassetta è il mezzo con il quale ho iniziato ad ascoltare la musica da bambino, alla fine degli anni 80. Insieme al vinile è stato il supporto attraverso il quale ho imparato a conoscere ed amare la musica, e, soprattutto, un modo per coltivare e nutrire bellissimi rapporti ed amicizie fin dalla prima adolescenza. Sono cresciuto in un gruppo di amici nel quale la musica rivestiva un ruolo fondamentale: suonavamo quasi tutti, vivevamo per andare ai concerti e ai negozi di dischi.
Quando intorno al 2000\2001 la musicassetta ha avuto un crollo repentino con le vendite, e di conseguenza con la produzione, non ho smesso di ascoltare musica su nastro. Ho continuato a comprare scatoloni di MC da negozi che le gettavano o le svendevano, ed ho continuato a farmi compilation sul Nakamichi.
…e il Progetto Dirt Tapes quando arriva, come idea e concept?
Intorno al 2018 ho iniziato a pensare a creare un modo per far uscire in cassetta dischi nuovi che amavo e che nessuno avrebbe mai stampato: dopo 3 anni di passione, nel 2021, è nata Dirt Tapes.
E come si è sviluppato il Progetto, oltre all’etichetta?
Inizialmente era solo una label, ma nel giro di poco tempo è diventata una sorta di officina a 360 gradi sul mondo della cassetta, fino a prendere la forma che ha oggi: etichetta, negozio di musicassette ed accessori legati al mondo del nastro.
…per esempio?
Il Tape-roller, che è un riproduttore di audiocassette, portacassette, norelco, cassette vergini, edizioni originali anni 70\80\90, ristampe di importazione, T-shirt.
La realtà Dirt Tapes come si configura?
La squadra si è allargata immediatamente; non avevo il tempo per gestire il tutto, essendo per lavoro spesso in tour o in studio di registrazione, in più con il passare dei mesi Dirt Tapes ha iniziato ad avere molti clienti dall’estero e ad aumentare velocemente la mole di lavoro.
Ad oggi il nostro magazzino è a Livorno ed è gestito da “Liquida” di Gianni Niccolai e dalla sua ottima squadra (Elisa, Camilla) ma sono tante le persone che collaborano ed hanno collaborato con noi: Enrico Giannone, Tommaso Calamita, Veronica Simionato, Giacomo Coveri, David e Max; ringrazio tutti\e moltissimo e di cuore
Qual è il fascino della tape culture nell’era della smaterializzazione dei contenuti?
La mia posizione forse è poco obiettiva, perché come ti dicevo prima non ho mai smesso di ascoltare le cassette, quindi non ho sentito troppo questo stacco con l’arrivo prima dell’Mp3 e poi dello streaming; semplicemente ho integrato l’ascolto del fisico con il digitale; comodissimo e fondamentale in viaggio.
Il lato più romantico e sociale è sicuramente legato a quello delle compilation, che hanno rappresentato una vera e propria ossatura per la costruzione della cultura musicale di tantissime persone.
Grazie alle compilation fatte a mano e passate in modo carbonaro ho conosciuto band che mi hanno cambiato la vita: dalle compilation punk, noise e hardcore fatte sulle TDK che giravano al Macchia Nera di Pisa negli anni 90, fino a quelle che registravamo e ci passavamo a vicenda tra amici dopo aver comprato dischi alla mitica Wide Records.
Il tempo necessario per il pensare e registrare una compilation su musicassetta non è poco. Ti vola via un pomeriggio intero in un batter d’ali. Credo fermamente che il tempo sia ciò che abbiamo di più prezioso in assoluto nella vita, ed il dedicare ore in questo gesto è un atto d’amore, per se stessi e per la persona alla quale è dedicata.
…la questione del tempo dell’ascolto
Viviamo in una società sparata a mille da un cannone, dove possiamo avere praticamente tutto mettendo il pollice sopra lo schermo del cellulare; l’esacerbazione di questa possibilità alla fine crea in automatico un drenaggio continuo del desiderio, della magia dell’attesa e della gioia dopo di essa, gioia che spesso si risolve in una fiammata di pochi secondi che ci porta poi a cercarne altra facendo swipe su uno schermo.
Non ne faccio una guerra analogico contro digitale: uso Tidal quando sono fuori casa ed i social ogni giorno, ma, personalmente, sento il bisogno profondo di fisicità nella musica, che sia mettere un CD, un LP o una cassetta, cambiare lato quando finisce e nel mentre prendere in mano la copertina, fermarmi nel pensare cosa voglio ascoltare dopo, andare a cercare l’album in questione e fare tutto con calma.
Credo sia una conseguenza dell’avere 42 anni, sicuramente non un atto nostalgico o il manifestare la pretesa di dire che questo sia il modo giusto di ascoltare e vivere la musica.
Per me è giusto e sacrosanto che ognuno viva questa bellissima esperienza come vuole, senza sterili lotte tra generazioni.
A chi sostiene che tra i supporti analogici, l’audiocassetta è quella più rumorosa e inadatta all’ascolto cosa risponderesti?
Il suono finale di una musicassetta dipende da 1000 fattori, può suonare bene o malissimo:
Incidono sulla qualità la tipologia di registrazione e di master, il supporto sul quale viene riprodotto, la presenza o meno del dolby in quest’ultimo, il tipo di genere musicale, il nastro usato, la condizione fisica del nastro e mille altri dettagli.
Se uno cerca la perfezione tecnica nel suono, per esempio S\N ratio ottimale, nessun wow and flutter, pulizia totale del suono, gamma dinamica estesa, figura stereo perfetta, il digitale batte oggettivamente l’analogico 100 a 0, senza se e senza ma.
Ma sarebbe riduttivo fermarsi a questo. In alcune produzioni la distorsione armonica, il tipo di compressione e la pasta che dà il nastro è parte integrante del suono, motivo per il quale per alcuni dischi poi i remaster digitali talvolta non rappresentano in toto l’opera originale, perché la scrittura e la produzione erano un unico corpo con la tecnologia del tempo.
Detto questo, l’ascolto della musica su audiocassetta raggiunge il suo picco qualitativo tra la fine degli anni 80 la fine dei 90.
Basta ascoltare alcune stampe di quel periodo che, accoppiate a deck di qualità, ad esempio 3 testine con Dolby C e selezione tipologia nastro, raggiungono risultati ottimi, soprattutto nelle cassette con nastro al cromo o metal.
In quegli anni la cassetta a livello di qualità e fedeltà audio in alcuni casi iniziò a superare anche il vinile; penso ad alcune tirature di classica della Sony e della Deutsche Grammophon e a certi titoli metal ed HC.
Come mai secondo te alcuni musicisti hanno ricominciato a pubblicare anche in audiocassetta? Al di là dell’interesse collezionistico, forse c’è anche una questione qualitativa, legata ad un certo tipo di musica, maggiormente orientata a lavorare con il rumore e la bassa definizione?
Già dal 2005 la pubblicazione in cassetta ha rialzato la testa timidamente in generi musicali come sludge, stoner, heavy psych, ma anche black metal e industrial, mondi musicali nei quali alcune band non hanno mai smesso di pubblicare in MC.
In ambito black metal non di rado ancora oggi, soprattutto nell’ala più d.i.y. si parla proprio di registrazioni originali fatte su Fostex 4 tracce, mediamente il modello 280 o l’XR7, direttamente su cassetta, con il master, magari una C-60 Ferro di bassa qualità, poi duplicato a mano su un deck e pubblicato in tirature bassissime, con la J-card stampata a casa con una carta dalla grammatura bassissima.
Chiaramente in questi casi la qualità audio è bassa, ma diventa parte integrante del tipo di suono e di produzione: i punti di riferimento sono album seminali del genere che hanno fatto di quel suono lo-fi una propria identità, una dinamica che si ritrova anche in ambito Crust-punk.
Per quanto riguarda l’attività di Dirt Tapes, le vostre ristampe su cassetta quale criteri seguono in termini di scelte artistiche, selezione delle pubblicazioni e accordi con le label di riferimento?
Abbiamo iniziato facendo ristampe di album che amavamo ma che non erano mai stati pubblicati in MC, trovando una comunione di intenti con le band in questione o le etichette che avevano i master. Poi abbiamo iniziato far uscire album totalmente inediti su supporto fisico: sia live, per esempio Calibro 35 e The Bluebeaters, Vinilicamente Live Sessions; ma anche in studio: Candra, Eugenio Sournia, Il Solito Dandy, fino ad uscite inedite al 100%, anche in digitale, come la serie dei Dirt Tapes Ambient Files.
La regola è solo una: pubblicare dischi che amiamo, al di là dei generi o di quanti ascolti hanno su Spotify.
I costi da affrontare quali sono?
Ad oggi produrre una cassetta di qualità medio-alta, a seconda del tipo di nastro, remaster, cassetta, lunghezza ed artwork, costa in media 3.50\4 euro+iva… parliamo quindi di un costo di produzione superiore rispetto al CD.
Non possiamo però mettere un prezzo finale pari a quello di un CD appena uscito: i tempi sono cambiati, e se negli anni 90 nei negozi di dischi i prezzi delle musicassette e dei CD erano praticamente uguali, oggi è qualcosa di insensato, perché è un mercato che deve essere ricostruito lentamente ed in modo sano. Le nostre uscite della parte label variano tra i 11 ed i 14 euro, tranne casi rari nei quali c’è un packaging complesso come i box set con scatole, gadget e poster, quindi la marginalità è ridotta rispetto a CD e vinile.
Il Tape Roller, il vostro riproduttore portatile di audiocassette, quando è come arrivato in termini produttivi in casa Dirt Tapes?
Quando abbiamo aperto nel 2021 la necessità era di avere velocemente disponibile sul sito un dispositivo economico per dare la possibilità a tutti di ascoltare le cassette senza spendere tanto, ben consci delle problematiche legate alla produzione dei lettori in questo momento storico.
Il primo problema è la licenza scaduta del Dolby NR, molto importante per non avere troppo rumore di fondo. Non può più essere prodotto perché la licenza è scaduta nel 2014, anno nel quale la Dolby Laboratories ha smesso di rinnovarla per i lettori di musicassette.
Il secondo problema è quello dei materiali, ad oggi la qualità degli anni 80\90 è impossibile da raggiungere, sia a livello di testine che di componentistiche.
La produzione ad oggi è al 100% in Cina, per esempio deck, boombox e portatili, come il grosso del comparto audio\video.
Nel 2022, dopo aver passato mesi a studiare, montare e smontare il primo modello e mettendolo a confronto con lettori degli anni 90, a livello di schede perforate, motore, testina, meccanismo Tanashin, abbiamo capito i limiti che aveva e ci siamo resi conto che la via da prendere era solo una.
Abbiamo fatto un investimento che è stato inizialmente un vero e proprio salto nel buio, perché per richiedere delle modifiche interne sul modello base era necessario fare un ordine minimo di pezzi enorme, ben superiore a quello richiesto per una semplice customizzazione, ma non avevamo scelta, era l’unica via da percorrere per avere un prodotto decente.
Abbiamo chiesto delle specifiche ai produttori, chiedendo di mettere le flying wheels in metallo per ridurre il wow and flutter ed una testina stereo e di qualità più alta, tenendo conto che molte delle produzioni odierne hanno la testina mono.
Stiamo parlando di un prodotto che non è minimamente paragonabile ad un Walkman della Sony degli anni 80, che costava 150 dollari al tempo, 500 euro di oggi, più di 10 volte il Tape-roller plus, ma che è un tentativo di creare, con i mezzi di oggi, un lettore entry level affidabile ma dal costo accessibile a tutti.
Puoi raccontarci qualcosa sulle caratteristiche tecniche del dispositivo, soprattutto quelle per cui secondo te si distingue da altri e anche sul motivo per cui, secondo te, il Tape Roller è un’ottima scelta per ascoltare audiocassette oggi?
Ad oggi il Tape-roller plus è il nostro prodotto più importante e ne vendiamo ogni giorno in tutto il mondo.
Come tipo di lettore è adatto per far capire a chi si affaccia a questo mondo se la cassetta può far scoccare o meno la scintilla nel loro cuore come tipo di support, senza dover spendere troppi soldi.
Vediamo dai messaggi e dalle stories che le persone amano usarlo in molti modi: con le cuffie passeggiando, questo modello non ha più bisogno delle batterie AA, è possibile anche attaccarlo al telefono, oppure a casa attaccandolo con il mini-jack in dotazione alla cassa bluetooth, oppure in macchina collegandolo all’impianto con i cavi 3.5\3.5 o USB-C che si trovano nella scatola del Tape-roller plus.
Un altra cosa molto gradita dai clienti è la possibilità che dà di digitalizzare vecchie cassette in Mp3\Wav attaccandolo al computer.
È per i più esigenti cosa consiglieresti?
Se uno vuole fare un passo in avanti dal punto di vista qualitativo e costruirsi un impianto analogico Hi-Fi il consiglio che diamo è di andare nell’usato, soprattutto quello di inizio anni 90: a livello di deck e amplificatory, marchi come Nakamichi, Teac, Akai, Technics, Pioneer, sono una garanzia. Ci piace sempre parlare con chi segue Dirt Tapes e chiacchierare anche su questi argomenti; negli anni si è creata una vera e propria “comunità on-line” che va dagli Stati Uniti all’Europa, dall’India all’Australia.
Questa forse è la cosa più bella ad oggi; l’aver visto una piccola\grande comunità di appassionati crescere intorno a Dirt Tapes, una dinamica sociale molto simile a quella che si crea all’interno dei piccoli negozi di dischi e che ci rende davvero felici.
Progetti e sviluppi futuri in casa Dirt Tapes?
Il 9 dicembre 2024 è nata “Dirt Tapes Sounds”, una collana in collaborazione con Four Flies Records, che pubblicherà in musicassetta una serie di colonne sonore italiane e album strumentali, in alcuni casi inediti, del periodo ’60, ’70 e ‘80, composti da Maestri come Sorgini, Alessandroni, Reverberi, Rustichelli e molti altri.
Ogni uscita avrà un remaster apposito per nastro da 1\8, a partire dai riversamenti dei master originali e un packaging arricchito da poster, scatole e gadget che cambierà di volta in volta.
La prima pubblicazione della collana è stata “Mistero”, album inedito di Giuliano Sorgini registrato tra il 1973 ed il 1979. Questa uscita iniziale sta andando benissimo e non vediamo l’ora di dedicare il 2025 a questa collana.