Brothers and Sisters of the Eternal Son è l’ideale prosecuzione di un trittico sbocciato nel 2010 con Saint Bartlett e proseguito due anni dopo grazie al conclamato successo di Maraqopa. Maraqopa, lo stesso luogo a cui Damien Jurado ritorna, parafrasando il titolo della traccia, con la nuova uscita discografica.
Undicesimo lavoro per il songwriter di Seattle, Brothers and Sisters of the Eternal Son è un riuscito esercizio di alt-folk squisitamente made in USA, la perfetta soundtrack per i cow boy nostalgici i cui occhi si lasciano facilmente compromettere da veli di lacrime. Predicatore contemporaneo dalle sfumature mistiche, Jurado avvia una parabola sermoneggiante, dove l’uomo, il tema della recherche e l’inesausto quesito del dove siamo e dove andremo, colmano la partitura delle dieci tracce.
Ciò che trapela dalla scrittura di Jurado, e si può scorgere sin dalla lettura della tracklist, è una salda ispirazione di matrice cristiana, i cui frutti compaiono sparsi nell’album in forma di rimandi religiosi; Magic Number, Jericho Road, Silver Donna sono alcuni dei titoli che rendono bene l’idea di quanto detto. A segnare i connotati dell’album ci pensa la voce di Jurado, una eco lontana e ovattata espressa dal timbro acuto che scivola in falsetti alla Bon Iver. Dall’accigliato blues di apertura di Magic Number, si passa subito al pezzo forte di tutto l’album, Silver Timothy dove lo sciabordio delle maracas conduce un’inattesa calata nei ritmi latini. Incursione che ha il sapore di un blitz visto che subito si torna al melange psycho-folk di Return to Maraqopa e Jericho Road seguito dalla jam funky di oltre sei minuti in Silver Donna. Un percorso corale dove gli arrangiamenti vistosi e gli intermezzi rumoristi creano i giusti stacchi fra un pezzo e l’altro. La marcetta gioiosa di Suns In Our Mind chiude l’ispirazione dell’album, consegnando così il degno epigono di Maraqopa e elevando Damien Jurado al di sopra delle fameliche briglie del nu-folk odierno.