Non dovrebbe essere un freddo prefabbricato ad ospitare i suoni e le braccia di Joey Burns e Convertino, ma assolati paesaggi e terreni crepati dall’arsura. Scenari che in effetti mancano nell’umida Milano che lo scorso 13 novembre ha ospitato i Calexico. Sul palco dell’Alcatraz, diviso per l’occasione da un abominevole telo che lo squarcia nel mezzo, sono presenti, oltre ai già citati Burns e Convertino, altre cinque musicisti, dislocati ai fiati, tastiere e chitarre. Un quantità di musicisti che riduce ancora di più l’esiguo spazio sul palco, ma che non limita in alcun modo la generosità delle loro canzoni. Abbracciati da un pubblico assortito, composto da volti che di rado trovano spazio fra il pubblico dell’Alcatraz, i Calexico entrano in scena senza troppe attese, senza essersi gelosamente celati dietro le quinte anzi, dopo essere usciti dalle retrovie per accordare personalmente i propri strumenti. Appassionati, palesemente felici e onorati di poter fare quello che da molti è considerato il mestiere più bello del mondo, i Calexico scelgono Epic per inaugurare la lunghissima setlist che accompagnerà il pubblico per un’ora e mezza abbondante.
A vederli disposti sul palco, da destra e sinistra, sembra che fra loro non ci sia alcun genere di affinità. C’è Convertino stretto in una camicia a quadri abbottonata fin sotto il gozzo, dietro di lui il bassista e controbbassista in tenuta da giovane scolaretto di un corso di informatica. Accanto a lui, Jacob Venezuela, rigoroso dentro un abito dal cravattino corto, lineamenti tipici del Messico, e ancora Martin Wenk ai fiati e alla fisarmonica, uno stiletto in camicia e jeans scuri. Jairo Zavala, all’estrema sinistra, luminoso sotto le luci del palco che riflettono il rosso vermiglio della camicia. E infine, Burns, al centro, con un’acconciatura dimenticata sulle poltrone dei barbieri anni ’50, un protagonista mancato di Pleasantville. Differenze puramente visive che vengono immediatamente annullate dall’affiatamento e dalla complicità che connota la loro esecuzione. E il pubblico lo capisce, perché fin dalla prima nota la quasi totalità dei presenti tintinna la testa, mugugna o si lancia in canti appassionati, batte senza troppi incitamenti le mani, rivelando tutto il loro entusiasmo. È bello pensare che possa essere, anche, questo a muovere gli ampi sorrisi di Burns così come gli sguardi soddisfatti del pluri acclamato Convertino. I Calexico ringraziano a modo loro, inanellando ventun pezzi sesta sosta, alternando i ritmi rock di All system red alle melodie mariachi e cantate in spagnolo di Across the wire o Minas de cobre. Al momento del bis, vengono richiamati i Blind Pilot, gruppo spalla della serata, e insieme presentano una versione di For your love degli Yarbids che si aggiunge alle cover eseguite sul palco dell’Alcatraz, tra cui una bellissima versione di Alone Again Or da Forever Changes dei Love. The vanishing mind chiude, definitivamente, la serata, ma non la voglia di poterli ascoltare quanto prima.
Setlist:
Epic
Across the wire
Splitter
ROka
Dead moon
Para
Minas de cobre
Inspiracion
Sunken waltz
Fortune teller
Maybe on monday
No te vayas
Corona
All systems red
Alone again or
Puerto
Crystal frontier
Encore
For your love
Sinner in the sea
Guero canelo
Encore
The vanishing mind