martedì, Novembre 5, 2024

Calibro 35 – Indagine sul cinema italiano del brivido, l’intervista e il concerto (Firenze – Pergola – 15-5-2013)

 TC: secondo me con l’horror e con il giallo si aveva anche la coscienza di fare qualcosa di nuovo, nonostante io ami molto anche il “genere” di Trovajoli (qui una recensione di Una Magnum special per Tony Saitta)  e di Ortolani, che si ispiravano alle musiche di polizieschi americani rifacendole all’italiana. Il nostro horror non ha antenati, ad esempio, nell’horror americano, anche perché fra questi due filoni intercorrono dieci, quindici anni di estetica.

Come si sposano un genere quasi funk ed uno stile prettamente orchestrale come quello dell’horror?

TC: semplicemente non si legano e infatti abbiamo scelto di fare questo spettacolo incentrato sull’horror, lasciando da parte i Calibro come abitualmente li conosciamo. Anche per questo, senza snobismo, non potevamo allestirlo nei locali, senza determinate condizioni tecniche e, soprattutto, senza la possibilità di far suonare l’ensemble al completo come lo vedrai stasera. Ugualmente, non avrebbe funzionato portare il poliziottesco a teatro.

 Quindi quale dimensione ritenete sia più idonea per questo spettacolo? O avete in mente altre idee quali la sonorizzazione di un film intero?

EG: la sonorizzazione è anche una cosa abbastanza complicata, con Milano odia l’avevamo già fatta, ma possono sempre sorgere problemi legati a diritti d’autore e cose varie e in realtà si perde anche la percezione del gruppo che suona. Alla fin fine abbiamo un’altra attitudine che con l’horror non si sposa neanche molto e per questo portiamo in scena solo occasionalmente questo spettacolo, nel quale le proiezioni potrebbero anche incorrere in censure. L’obiettivo è svincolare le musiche dalle immagini, suggerire al pubblico inquietudine dalla musica pura e semplice. Il figlio piccolo di Max (Martellotta, n.d.r.), pensa, mentre il babbo si esercitava a casa, aveva paura a sentirlo suonare senza capire che si trattasse di un film. Ciò è emblematico del fatto che queste musiche siano estremamente suggestive e comunicative in sé, libere dalla funzione di accompagnamento per cui sono nate.

E magari comporre una colonna sonora orchestrale originale?

TC: per adesso abbiamo fatto uscire Said ma il mercato italiano è minuscolo, pieno di traversie che portano i registi a decidere di meno e i produttori a decidere di più e conoscere di meno. Tanto vale fare esperienze prettamente musicali come queste.

Due parole sulla scelta dell’organico e sul modo in cui avete lavorato sulle partiture, qual è stato, in sintesi, il grado di fedeltà a queste ultime.

EG: quest’organico è il minimo sufficiente per riprodurre una timbrica corposa e in un certo modo “sinfonica”, farlo con un’orchestra intera è oggi abbastanza impossibile. Abbiamo lavorato con tutte persone che conosciamo bene, che sanno benissimo entrare e uscire dalla partitura.

E’ possibile quindi questo connubio fra avanguardia e appeal popolare per riportare tanta gente a vedere concerti e magari anche al cinema?

EG: credo ci sia una divergenza fra quello che facciamo noi e l’immaginario e il modo di fare cinema oggi, anche l’artigianato è molto diverso.

TC: vedendolo dall’esterno, il modo in cui si fanno cinema, musica e video sono disomogenei fra loro, l’esatto contrario di quanto avveniva allora e lo capisco anche, però si perde in qualche modo una sorta di “visione d’insieme”. Noi non ci poniamo obiettivi così alti, però è una enorme soddisfazione portare in teatro un’ora e mezza di musica strumentale che la gente sta a sentire. Di solito c’è attenzione solo perché si pensa che quel particolare spettacolo appartenga all’ambito della cosiddetta “musica colta”, noi siamo un po’ più “pane e salame” e credo che la gente venga al concerto semplicemente perché si diverte. (continua nella pagina successiva…)

Francesco D'Elia
Francesco D'Elia
Francesco D'Elia nasce a Firenze nel 1982. Cresce a pane e violino, si lancia negli studi compositivi e scopre che esiste anche altra musica. Difficile separarsene, tant'è che si mette a suonare pure lui.
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