Al netto di live, ristampe di materiale inedito e split vari, questo dovrebbe essere il terzo disco per i californiani Carlton Melton, seguito di Country Ways uscito appena un anno fa. Photos Of Photos non sposta di una virgola il percorso sonoro intrapreso dagli ex Zen Guerrilla – che invece suonavano garage rock – mantenendosi negli ambiti di un rock psichedelico fieramente oltranzista, ipnotico ed ossessivo, interamente strumentale. Loop infiniti di chitarra, drone, reiterazioni, stratificazioni e feedback che si accavallano le une sulle altre con la lentezza di un mammuth, il disegno complessivo dell’album è quello di stordire l’ascoltatore per poi mandarlo in orbita in una sorta di trance. Space rock che cavalca gli Spacemen 3 – perdonatemi il bieco gioco di parole – in una bolgia dove la sperimentazione e l’improvvisazione sono gli unici due dogmi seguiti dai musicisti. Essi dichiarano infatti di non eseguire più di una take quando registrano, non ci sono sovraincisioni, buona la prima e via, si cavalca un’idea e si parte per la tangente. Disco estenuante e di non facile assimilazione anche per le orecchie più abituate a tali sonorità; le dinamiche ritmiche sono ridotte all’osso in una immensa jam session di oltre 60 minuti dove non c’è la minima traccia della forma canzone, l’orgia free form è assoluta e totalizzante. Nella title track si avvertono anche echi ambient, subito affogati dai drone chitarristici e dai solo drogati della successiva Space Treader. L’orgia lisergica viene sublimata in Adrift, 22 minuti di batteria caracollante, chitarre collassanti, l’esplosione sempre trattenuta ad un passo.