Una dedica a San Francisco da parte di uno dei suoi figli (acquisiti) migliori. Un titolo che ricorda un locale rock’n roll chiuso da tempo, una linea dritta di chitarra accompagnata da strimpellate di organo, una Cadillac che gira fra Geary Boulevard e Market Street cercando di catturare la poesia e il meraviglioso decadimento di una delle città più all’avanguardia d’America. Chuck Prophet è un musicista californiano, diventa famoso già da giovanissimo entrando a far parte dei Green on Red, band culto degli anni ottanta; negli anni novanta inizia a suonare da solo e i primi due dischi prodotti, Brother Aldo e Balinese dancer, vengono acclamati dalla critica. La sua carriera con undici album sarà un sali e scendi fino a Temple beautiful – prodotto con Brad Jones e registrato ai Closet Studios di San Francisco – con cui Chuck ha ritrovato la sua vena rockettara. Lo accompagnano in questa avventura James Deprato alle chitarre, Rusty Miller al basso, Praire Prince alle percussioni, Chris Carmicheal agli archi e Jim Hoke ai fiati; tutti musicisti, manco a dirlo, nati a San Francisco. Il disco, per quanto riguarda la melodia, è costruito su tre elementi ben definiti: una base ritmica importante, una chitarra in grande spolvero e la voce di Stephanie Finch. Il risultato è un rock made in Usa, impreziosito qua e là da tastiere digitali ( Castro halloween), organi (Temple beautiful) e violini (Museum of broken hearts). Il centro dell’ album è però Castro, Bay bridge, Haight Ashbury e Lincoln Park; è San Francisco con la sua gente e i suoi personaggi altrimenti reietti in ogni altro angolo d’America; è la capacità di Chuck Prophet di ricreare quelle atmosfere tanto speciali. Il musicista californiano dal suo sito ha descritto così il disco in uscita: «from Robert Louis Stevenson to Joshua Abraham Norton to Lord Buckley to Sally Stanford to Sally Rand to Harvey Milk, from Grateful Dead to the Dead Kennedys and back again…». Temple Beautiful è in sostanza un racconto con gli occhi a cuore di una città fra le più affascinanti del pianeta. Da ascoltare, se possibile, ad alto volume su un’autostrada con i finestrini della macchina abbassati.