Gruppo siciliano dedito al rock strumentale, i Clerville provano a forzare i confini del genere di riferimento, aprendo il loro post-rock (direttamente riconducibile a Mogwai e discepoli) ad un ampio utilizzo dell’elettronica, che risulta fondamentale sia per descrivere le atmosfere gelide richiamate dal titolo, sia per arricchire le parti ritmiche. Il risultato complessivo è suggestivo e valido grazie a una cura e a una ricerca sul suono, che emergono soprattutto nei brani che riescono meglio a mettere l’accento sui due elementi teoricamente più distanti tra loro: le chitarre più rock e l’elettronica più fredda (ottima in questo senso “Telkens Weer”). Resta forse il limite di un genere musicale in cui è relativamente facile produrre buoni brani, ma è divenuto pressoché impossibile raggiungere l’eccellenza. Forse bisognerebbe cominciare ad accettare l’idea che il post-rock ha detto infine tutto quello che c’era da dire. Del resto se, come dicono loro, “Gli anni 70 sono finiti da un pezzo”, questa coda degli anni ’90 sembra invece destinata a continuare all’infinito.