Ne “La Camera Chiara” le note di Roland Barhes sulla fotografia, pubblicate nel 1980, il semiologo Francese parla di un elemento capace di catturare la sua attenzione, un’emozione che descrive come “drammatica” e che permette di arrivare alla comprensione della verità; niente a che vedere con le capacità razionali di riconoscere la foto stessa e molto più vicino ad un “punctum”: qualcosa che infranga la conoscenza e che diventi come una puntura in grado di ferire. Barthes cercherà questa puntura nelle vecchie foto che ritraggono la madre, senza però riuscire a trovarla veramente, perchè la sovrapposizione dell’attività mnestica con quelle immagini era probabilmente troppo vicina, come a dire che la possibilità di riconoscere un volto razionalmente, non corrisponde sempre a verità perchè se ne riconosce solo una parte, un frammento, tanto che Barthes su alcune foto recuperate dall’album di famiglia dice “Non era lei, e tuttavia non era nessun altro”. Ma d’improvviso, in questa scansione della sua memoria, si sofferma su una foto della madre ancora bambina “Osservai la bambina e finalmente ritrovai mia madre […] la mia afflizione esigeva un’immagine giusta […] giusto un’immagine, ma un’immagine giusta […] quella foto riuniva tutti i predicati possibili di cui era costituito l’essere di mia madre”.
Il video che anticipa il primo disco sulla lunga distanza di Alessandro Curcio aka “Alia” e intitolato “Corteccia” è un punto di vista “privato ma altrettanto aperto al mondo” che riguardo la percezione sull’omosessualità, sovrappone memoria personale e collettiva, grazie all’utilizzo della pratica del found footage a partire dall’archivio dei super 8 di famiglia, le cui immagini vengono messe insieme ai vari pride tra gli anni ’70 e gli anni ’80 ovvero fino al limite in cui quell’immagine della memoria non avrebbe più utilizzato i dispositivi su pellicola a passo ridotto. Alia lo dice chiaramente nelle note che accompagnano il lancio del video: “un modo efficace per rafforzare l’idea di come l’assenza di contrasti tra un mondo “visibile” e uno più intimo, sia comunque possibile”
Oltre il racconto su una famiglia probabilmente aperta e serena, che lo stesso Alia definisce come un “albero”, le sue parole si soffermano sul “visibile” e su un’intimità “invisibile” la cui aura diventa percepibile solo attraverso le immagini più lontane della memoria.
Un lavoro di scavo molto più commuovente, per certi versi, del bel video realizzato da John Grant stesso sulle note di Glacier che funziona più come compendio di 100 anni di storia trasversale LGBT. Nella sensibilità di alcuni cineasti italiani che hanno affrontato la Storia (Bertolucci tra tutti) attraverso gli eventi marginali, il video di “Corteccia” è allo stesso tempo immediato e stratificato, contiene momenti di incredibile sospensione e di spontanea forza visiva, proprio perchè così intimo e personale, si rivolge a tutti come un “punctum” che ci trafigge da un futuro anteriore.
L’album di Alia esce a settembre su Neverlab Dischi ed è prodotto da Giuliano Dottori. Il video di “Corteccia” è il primo singolo del cantautore Bergamasco, pubblicato in forma speciale in occasione del mese dell’Onda Pride 2014. L’album segue la pubblicazione di “Aria” un EP del 2013 sempre prodotto da Dottori che è il primo tassello di un’esperienza che racconta l’omosessualità semplicemente come parte del vivere.