Alla seconda prova dopo l’esordio ed il buon successo di Alight Of Night, i Crystal Stilts dimostrano di essere un gruppo vero, non un fuoco di paglia da “una botta e via”. Il nuovo In Love With Oblivion li smarca definitivamente dal calderone shitgaze dove erano stati erroneamente inseriti all’inizio della loro carriera. L’equivoco si è sicuramente creato per due motivi: provenienza geografica (i nostri sono di New York) e attitudine lo-fi. La bassa fedeltà è rimasta (anche se leggermente “ripulita”), ma inserita in un’affascinante operazione di revival portata avanti con sufficiente e lucida determinazione. Garage quindi, Sixties sound inzuppato nell’acido, miscelato con la dark wave algida dei Joy Division (la voce di Brad Hargett ricorda parecchio quella di Curtis), con il passo drogato dei Jesus And Mary Chain che risuonano all’infinito brani dei Velvet Underground. Aspettatevi questo e questo avrete: musica sì passatista, ma fatta con gusto ed indubbio talento; notevole merito dei Crystal Stilts è quello di alternare momenti più spensierati, sveltine rock’n’roll dal taglio surf (Sycamore Tree, Half A Moon) con spirali e vortici nero pece, bad trip autentici come la malatissima Alien Rivers, piuttosto che marcette jingle jangle alla Fresh & Onlys (Precarious Stairs). Il cambio di ritmo e di atmosfere permette anche di non soffermarsi troppo sul timbro di Hargett, alla lunga eccessivamente monocorde. Ma è in realtà questo l’unico peccato di un disco maturo e dal songwriting equilibrato e solido, dal taglio melodico più pronunciato rispetto al primo album: per gli amanti del genere, acquisto più che consigliato.