Le parole contano, nella prima impressione, più di un qualsiasi passaggio alla radio, e se ti chiami Dubby Dub, considerando la poca fantasia degli emuli di King Perry nell’intitolare le proprie composizioni ed i propri gruppi, c’è la possibilità di compromettere una serata o, al contrario, di scoprire una piacevole sorpresa. Sorry, No Dub è il secondo disco che sancisce la “fine degli scherzi”. Niente basso (rivendicato poderosamente come i Rage Against The Machine facevano per i synth), tre chitarre, batteria che pesta e voce alla Billy Corgan. Un calcio nei reni, insomma. Dopo le stilettate di 20 colpi al secondo del precedente Rocknroll Head, i Dubby Dub guidati dai fratelli Pulga si assestano su velocità sostenibili, suonando contemporaneamente stoner, punk rock, metal (se immaginate un’altra base ritmica in Space Control), indie pop rock (gli accordi scanzonati di Possibility potrebbero essere suonati da Luke Pritchard dei Kooks, e Flipper dai coetanei Arctic Monkeys, nonostante la citazione Clashiana), fm rock in stile Virgin Radio (Whatever), hard rock da Motorhead. Nonostante questa amalgama di influenze, le strutture ritmiche e melodiche sono molto ripetitive. La presenza del basso avrebbe potuto portare qualche aggiunta significativa? No, con questi volumi hanno fatto proprio bene a cassare il quattro corde. Il disco scorre veloce, da più di due ascolti in poi può annoiare. Ultima nota negativa: la pronunciation lascia dubbi su parole simili all’italiano o presenti anche nel nostro vocabolario. Possibility e Flipper stonano appunto, ma sono pignolerie che i rockettari non cureranno.
[box title=”Dubby Dub – Sorry, No Dub (Alka Record, 2012)” color=”#5C0820″]
Love Kills | Pleasure | Settle Down | Space Control | My Heaven is Far | Possibility | Flipper | Lock the House | Whatever | Oh Liar! | Envelope [/box]