Europavox – day one
Presso l’Auditorium va in scena per i primi due giorni quello che potremmo definire “l’altro festival” e per ironia della sorte è da qui che inizia il mio peregrinare. Arthur H, celebre interprete della canzone francese, mette in scena una reinterpretazione integrale di L’Homme à Tête de Chou, disco del 1976 di Serge Gainsbourg, e per la prima delle due sere è Anna Aaron a precederlo sul palco. L’atmosfera è di necessità più raccolta, siamo di fatto a teatro. Anna emerge dall’oscurità dirigendosi alle sue tastiere, di nero vestita e, come di consueto, di nero dipinta in viso, accompagnata da una nutrita band pronta ad esplodere attorno alle gesta sciamaniche di questa giovane svizzera, sulla carta un po’ timorata di Dio, dal vivo una presenza a dir poco vulcanica. Anche le ballate più morbide, su tutte Joanna e Sea Monsters, assumono una vitalità inattesa, e nel complesso la proposta dal vivo del promettente Dogs In Spirit convince a pieni voti. Anna (o meglio Cécile), come mi racconterà poco dopo, mette al centro ideale delle sue esibizioni il proprio corpo ed è così che a scandire il ritmo della batteria si percuote e ondeggia vorticosamente, sgrana gli occhi al cielo e si precipita sul suo strumento senza indugio tra un pezzo e l’altro. Non ci sono certo i nervi tesi di una Soap&Skin, ma il pubblico si mostra altrettanto coinvolto. Elijah’s Chant si conferma il suo brano più sperimentale ed efficace, le strofe semiparlate galoppano su un ritmo tribale finché i fari si spengono sugli occhi spiritati di Cécile.
Rimando Arthur H al Day 2 e mi dirigo alla Coopérative de Mai: troppa curiosità per perdersi Esser. Ben Esser è un giovane crooner di casa nell’Essex, il cui debutto Braveface ha polarizzato la critica alla sua uscita nel 2009. Un album breve di electro-pop per lo più scanzonato, la cui interpretazione vocale è stata spesso accostata a quella di Damon Albarn. Ciò che non convinceva i più era una produzione troppo poco coraggiosa, una commistione di sound troppo poco definita, in definitiva un pop leggermente qualunquista. Pronto a pubblicare il suo secondo disco quest’anno Esser compare sul palco in una tenuta decisamente più compita ed elegante di quanto mi aspetto, stretto nella sua camicia accollata fino all’ultimo bottone, i capelli laccati e uno sguardo circospetto ed ammiccante assieme, che sembra voler dare un nuovo peso al retrogusto pessimista e iperbolico dei suoi testi. “Bury me inside like a knackered stallion”: e buonasera a te, Ben. La musica ha perso in leggerezza e per la maggior parte del set l’atmosfera è decisamente dark. Reminiscenze New Order, si arriverebbe a dire. (continua nella pagina successiva…)