Chi avesse nella memoria la figura di Marcovaldo, forse non si stupirà nel notare alcune somiglianze nelle vicissitudini di Manrico Calavassa, Manny per i più intimi, impiegato qualunque alle prese con gli inghippi di ogni giorno: colleghi, città, ufficio. Alternativa declinazione del più che noto ragionerie che tutti conosciamo. Seguendo le avventure di Manny, i Fetish Calaveras si profondono nel racconto ritmato della sua giornata, racchiusa entro i mugugni di inizio e fine dì scanditi in 06:36 a.m. e 11:54 p.m.
È la tendenza teatrale e attinta dal cabaret a plasmare i connotati dell’album, che di fatto viene a costituirsi come una cornici di situazioni e di micro dialoghi che accompagnano lo snodarsi dei dodici pezzi; dall’immissione forzata nel traffico cittadino (Valentino), passando per la pausa pranzo in salsa alcolica (Whiskey Joe) fino a giungere al meritato riposo pre casalingo presso il bar di fiducia (Billy Boxe), Avanspettacolo scorre veloce senza perdere d’intensità.
Nettare pregiato per i cultori nostalgici dello swing anni 50, Avanspettacolo è in grado di soddisfare con dovizia quel particolare appetito e animare i quadri della memoria di quel periodo. Non completamente rockabilly, non del tutto swing, l’album fonde i due aspetti, guadagnandosi quella definizione che, per volere degli stessi Fetish Calaveras, sta sotto il nome di swingabilly. In effetti è come se Fred Buscaglione fosse suonato in chiave rockabilly e i suoi personaggi, descritti in toni fra il farsesco e grottesco, subissero un’accelerazione e si scuotessero a ritmo di fiati e sei corde. A rinforzare la già nutrita compagine di musicisti (Mr Corto, Sir Kike, Mircus, Pitiful, Dead Meat Mariuoli, Steve Ray Fruit), si aggiungono i nomi del chitarrista scozzese Andy McFarlane (The Hormonauts e Rock’n roll Kamikazes), Enrico Allavena, Stefano Colosimo (Bluebeaters) e Roberto Dellepiane.
Coraggiosi nelle scelte, specialmente in quella di costruire Avanspettacolo come un concept, i Fetish Calaveras incalzano con fare sfacciato, non danno tregua e dimostrano di saper districarsi tanto nei ritmi scalpitanti de Il Re della Rotonda, quanto nei mood più lenti come in Tina. Un gruppo da seguire on the road e braccare nelle occasioni live perché il palco, più che il disco, rappresenta sicuramente il loro ambiente più congeniale.