venerdì, Dicembre 27, 2024

Filippo Andreani – La prima volta: la recensione

Nel settembre 2013 ebbi modo di organizzare un concerto di Filippo Andreani come spalla dei Gang; in quell’occasione Filippo mi disse che voleva dare una svolta alla sua carriera solista, dopo due dischi, La storia sbagliata e Scritti con Pablo, che non sentiva totalmente suoi. La sua idea era di raccontarsi con maggior sincerità e di tornare a cercare un suono da band, non uguale a quello degli Atarassia Grop, la band punk-oi! in cui aveva militato, ma comunque corposo e carico di significati e sentimenti, sulla falsariga dei già citati Gang.
La prima volta, il disco uscito in questo inizio di 2015, è il risultato di questo tentativo di cambiamento, tentativo andato a buon fine. Filippo nei dieci brani dell’album riesce infatti a raccontarsi in maniera diretta e sincera, mescolando esperienze vissute in prima persona e narrazioni legate ai suoi punti di riferimento culturali, calcistici e cultural-calcistici, supportato dal suono punkeggiante e combattivo dei Linea, storico gruppo alternativo milanese che si è prestato a fare da backing-band per l’occasione, e da una serie di ospiti, da Marino Severini (a chiudere il cerchio) a Steno dei Nabat.

Le canzoni da narrazione personale diventano quindi un affresco collettivo di un mondo che forse non c’è più (Canzone per Delmo, E Roma è il mare), di un modo di fare musica considerato demodè (Il prossimo disco dei Clash, Lettera da Litaliano e Veloce, dedicata a Speedy Angel dei Potage, storico gruppo punk comasco), di un calcio in cui i dribbling e i gol facevano sognare (Gigi Meroni) e in cui non ci si doveva vergognare di andare in curva a tifare per la squadra della propria città (Numero nove). Se avete creduto in questi valori, o meglio ancora ci credete ancora o sperate che tornino ad essere importanti, La prima volta è il disco che fa per voi. Se invece il post-moderno e il renzismo vi hanno conquistato giratene al largo, attimi di poesia come quelli di Tito o di Che ti sia lieve la terra (che cita il commovente addio di Gianni Mura all’altro grande Gianni, cioè Brera) non vi colpiranno o anzi vi sembreranno inutili se non ingenui o patetici. In tal caso, problemi vostri.

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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