Le foto dell’articolo sono di Francesca Pontiggia; guarda la Foto-Galleria completa dello showcase dei Glasvegas da questa parte.
L’omonimo album di debutto dei Glasvegas fu una delle migliori rivelazioni del 2008, con la sua declinazione epica e tragica del verbo shoegaze, una serie di storie tristissime (bambini morti, assistenti sociali, padri fuggiti, cuori piangenti) narrate dalla scozzesissima voce di James Allan su muri di chitarre nebulose capaci però di tracciare melodie di puro ed ottimo pop. La resa live di questo epos scozzese durante il tour successivo non fu però all’altezza delle mie aspettative, sia nella dimensione club (ai Magazzini Generali di Milano) che in quella festivaliera (al Frequency Festival in Austria): in entrambi i casi il muro di suono presente sull’album si perdeva un po’, lasciando anzi emergere la monotonia ritmica dei brani, quasi tutti basati sul mitologico intro di Be My Baby delle Ronettes.
Ora, dopo un secondo disco influenzato dalla registrazione in California e non molto apprezzato dalla critica, arriva il terzo, intitolato Later… When The TV Turns To Static, che recupera le atmosfere dell’esordio anche se in maniera più pacificata e che forse qualcuno potrebbe definire adulta. Per presentare alla stampa italiana la loro nuova fatica James e suo cugino Rab, chitarrista della band, sono stati protagonisti di uno showcase a Santeria, centro nevralgico per la musica indipendente, non solo milanese, lo scorso 19 settembre.
Una performance assolutamente convincente la loro in questa occasione così particolare. Sembra infatti che non andando alla ricerca del rumore e senza sezione ritmica alle spalle la verve interpretativa di James riesca ad emergere maggiormente, aiutata forse anche dal contatto diretto con un pubblico attento, oltre che dall’accompagnamento dalla chitarra di Rab, in grado di ingentilire ed adattare alla situazione le nubi shoegaze, creando sottofondi a tratti eterei quanto quelli di band come gli Hammock.
La scaletta si è naturalmente basata in larga parte sui nuovi brani, senza disdegnare un paio di cover e qualche classico tratto dal primo disco. Tra le canzoni di Later… When The TV Turns To Static le più emozionanti sono state Youngblood, dedicata ai figli dei due cugini Allan, e All I Want Is My Baby, che sputa sul denaro in nome dell’amore, interpretata e cantata in modo trascinante da James, quasi al livello di Geraldine e Daddy’s Gone, i due brani del primo disco riproposti durante lo showcase, che sono ormai due piccoli classici cantati da quasi tutti i presenti. Un capitolo a parte lo meritano le due cover, che spiegano meglio di tante parole i punti di riferimento della scrittura dei Glasvegas al di là dello shoegaze: Be My Baby delle Ronettes (sì, proprio lei, definita da James “the best song ever written”) e All I Have To Do Is Dream degli Everly Brothers, ninna nanna d’amore che ha chiuso perfettamente la serata.