E’ sempre complicato, in musica, agire sui margini; operare sui contorni; oggettivare i perimetri. Ancora di più se tali perimetri assumono forma definibile e da contenenti si fanno essi stessi contenuto. Cosa fa la musica d’ambiente (da Satie a Tim Hecker, per dire) se non questo: chiudere idealmente uno spazio fisico tra pareti di suono divenendo parte di esso? E cosa fanno se non questo, David Bryant (Godspeed You! Black Emperor, Set Fire To Flames) e Kevin Doria (Growing, Total Life), riportando queste stesse coordinate in un luogo acustico perfettamente contiguo a quello delle loro precedenti esperienze? Basta la title track o la stessa For The Transient Projectionist per riconoscere quei medesimi abissi oscuri e stranianti; quelle sospensioni temporali brumose; quegli squarci da musica concreta che sottendevano ai Carmina Burana post rock di album come Lift Your Skinny Fists Like Antennas to Heaven o alle sperimentazioni da camera di Vision Swim, citando in copertina Cluster & Eno (il microfono aperto sui suoni del mondo) tutt’altro che a caso. Poco importa se a succedersi sono vaghezze ritmiche in loop (Halo Getters), accordi ripetuti di chitarra (Half-Speed Addict…), sospensioni neuronali con i Tangerine Dream accartocciati dentro (Test Recording At Trembling City) o se ad apparire tra i fumi sono ombre di archi e nascosti accordi tonali, niente è divisibile dal resto; anzi, ogni componente, ogni traccia, diviene parte di un insieme impossibile da smembrare: un autentico monolite, le cui forme sonore riconducono continuamente ai misteri, oscuri e sognanti, della coda infinita di Full On Night dei Rachel’s (attraverso il Conet Project, però). Un esordio pubblicato da Constellation, che esordio in realtà non è ma il lodevole, notturno, proseguimento di un percorso edificante iniziato già da tanto tempo.