Grave Goods è la creatura ibrida e deformata di Matthew Hainsby, altresì conosciuto come uno dei membri di Fujiya & Miyagi. Primo LP per l’artista di origine inglese, Grave Goods annovera un totale di dodici canzoni, inanellate come un girocollo prezioso e accattivante. Si tratta di un lavoro squisitamente melodico, lisergico, psichedelico e mosso da una netta tendenza alla sperimentazione. Sotto il nome di I am Ampersand, Hainsby dà luogo a diversi scenari musicali, compressi all’interno di una fascia di tonalità ben definite. Sotto questo punto di vista, l’album appare piuttosto piano, tranquillizzante, modulato dentro lo spettro delle basse frequenze. Tuttavia Grave Goods risulta essere inconsapevolmente macabro, un krautrock da spiaggia. Pertanto, che ad andare in scena siano le unioni vocali e corali come in Lights and Radio o le jam session di Stay, resta evidente la marca dell’irrequietezza quasi fosse una filigrana inscindibile da ogni pezzo. Una sorta di malefico dubbio, di beffardo ghigno, si nasconde – più o meno celato – al di sotto delle tracce e riaffiora con costante nei diversi brani; viene instillato in diversi modi, dall’esecuzione volutamente distonica dei cori (Lights and Radio), alle intrusioni mormoranti del synth (Holding the Negative up to the Light), fino agli arrangiamenti con sussurri spettrali (Doom and Gloom).
Dedicandosi appieno a quello che potrebbe essere definito un folk pop psichedelico, Grave Goods sembra essere il nipotino contemporaneo dell’estro beatlesiano, un’erede completamente immerso, mani, dita e piedi, fra i tasti del synth e del computer, viziosamente abbandonato sulle percussioni e sulla drum machine. Un nipotino che spazia da momenti di pura intimità, spiragli su una fragilità, forse, artefatta, come in Minus Sing, cambiano poi completamente direzione con Eko e i suoi suoni sferraglianti e pungenti. In posizione chiave rispetto all’album, si trova la title track, un chiaroscuro melanconico che di certo non pone fine all’ambiguità continua di Grave Goods, al contrario, appesantisce i dubbi sulla continua bipolarità del lavoro. Senza riuscire, o senza volere, allontanarsi troppo dalle note distintive di Fujiya & Miyagi, I am Ampersand realizza un album ricco di stimoli, un’intricata vicenda noir cui appassionarsi nell’attesa della seconda puntata.