Aspettativa è il termine sbagliato da usare per i Landlady. Al di là della copertina floreale dagli influssi gauginiani, c’è una grossa oscurità che opprime la formazione capitanata da Adam Schatz. Mancanza, perdita, voglia di vivere pari a zero: sensazioni ben trasmesse dalle canzoni sconnesse di Upright Behaviour, ultima fatica degli statunitensi. Art rock, viene chiamato questo pastiche dalle ritmiche spezzate. L’immediatezza artistica c’è, ma la lunghezza eccessiva di ogni pezzo, unita ai singhiozzi della band nelle pause, non aiuta. Solo il singolo Dying Day, memore dei Vampire Weekend, con echi soul, è fresco e corposo: lì sì che gli arrangiamenti di chitarra, basso e batteria hanno qualcosa da dire. E a ruota l’altro breve episodio Maria, anche se esita spesso su un tempo incomprensibile. Per il resto il tentativo di richiamare i Tv on the Radio fallisce. Si potrebbe obiettare che i gusti non incontrino i favori del pubblico europeo: è possibile. Ma non vedo vie di fuga in un disco pesante, pieno di silenzi vuoti e battute inutili.