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Lee Ranaldo – live in Sala Vanni, Firenze – 13-3-2015: la recensione del concerto

Xtina as i Knew her è un’intima storia di formazione e Lee Ranaldo, da solo sul palco dalla Sala Vanni con un paio di chitarre, una loop station e pochi altri effetti la descrive al numeroso pubblico fiorentino presente al concerto, parlando di questa bellissima ragazza con una luce unica, conosciuta durante gli anni dell’adolescenza e di cui adesso si sono perse le tracce; sono storie di vita quotidiana quelle che Ranaldo racconta, a metà tra l’accuratezza documentale per il dettaglio e l’astrazione di un tempo perduto; una barca abbandonata su una spiaggia con la vegetazione che ne invade la struttura, il flash che illumina Xtina al buio, la descrizione di un piccolo paese della Puglia, sospeso nel tempo, e percorso insieme a Leah Singer e figli. Sembra quasi che l’impressionismo di alcune tra le attività parallele del chitarrista newyorchese, la poesia e il disegno, unisca nella dimensione acustica l’essenzialità del tratto con la complessità stratificata dei dettagli, basta pensare al punto di vista dal quale sono nati i “Lost Highways drawings“, bozzetti emersi dal retro di un furgone nei numerosi viaggi che Ranaldo ha fatto durante l’attività live, dove le figure nel paesaggio sono fugaci impermanenze e il tratto riproduce l’instabilità del movimento, ma anche le poesie delle recenti raccolte, che Ranaldo ha composto servendosi dello spam virale come “Hello From the American Desert“, dove il gesto situazionista diventa occasione per ricombinare un mondo osservato, ricco di dettagli, ricordi infantili, schegge di un passato tra vita e invenzione.

E i brani composti per le uscite con i “The Dust”, sulla cui genesi Ranaldo ci raccontava alcuni dettagli in questa bella intervista realizzata per indie-eye da Fabio Pozzi, stanno proprio a metà tra songwriting tradizionale e impressione visionaria, nel contesto acustico lo si capisce molto meglio, perché Ranaldo si avvicina alla tradizione (Neil Young di cui ha proposto una cover di Revolution Blues , il folk, la psichedelia) arricchendola con la lezione imparata da Glenn Branca che ha contraddistinto in parte il suo contributo al suono dei Sonic Youth; questa non prende il sopravvento ma ne esalta dinamiche e racconto, con una ricchezza timbrica e ritmica che non fa rimpiangere la presenza di una band.

La Puglia di Leaving per esempio, è un piccolo travelogue interiore, lo stupore per un paesaggio interiormente famigliare ma diverso dall’esperienza visiva di un cittadino americano, questa attività dello sguardo, descritta precisamente da Ranaldo, diventa occasione per recuperare alcuni concetti della musique concrète, legati sopratutto all’esperienza sensoriale e sinestetica, qui riprodotti con l’uso di un archetto o di alcune campane vibrate nel momento apicale del brano; la vicinanza e la distanza con la psichedelia è praticata in egual misura, perché il risultato non è quello convenzionale (la psichedelia come “genere”) ma più aderente alla descrizione di uno stato interiore.

In questo senso il concerto di Ranaldo rimane a metà tra l’acustico e l’acusmatico, tra impressionismo ed astrazione radicale, senza per questo perdere il centro comunicativo del racconto, aspetto che ne fa un grande storyteller, proprio nel senso costitutivo e strutturale di elaborazione del brano; dovessimo immaginarci un film perfetto per il nuovo Lee Ranaldo, forse potrebbe essere Boyhood, nella complessa convivenza tra naturalismo diaristico e la sua astrazione come fosse una “song” di Jonas Mekas; tra l’altro, Richard Linklater è un autore la cui formazione deve molto a tutta questa cultura newyorchese, Sonic Youth inclusi.

Allora, questo stare nelle cose oppure osservarle dal lunotto di un “Van” in movimento cosi come dal proprio loft a New York City, torna nella descrizione di un brano dove Ranaldo vive le proteste contro il sindaco della sua città con uno sguardo che oscilla tra partecipazione e disegno, impressione e vita, la stessa che ci colpisce quando veniamo coinvolti dai suoni di questa performance straordinaria che annulla la distanza tra palco e cuore.

Grazie a Laura Sieni e Maurizio Morganti per le stimolanti conversazioni dopo il concerto; una recensione si scrive sempre con qualcuno.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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