Lloyd Turner è un progetto assolutamente eccentrico nel suo genere, non che sia scevro da influenze e rimandi (oltretutto di un certo spessore) ma è l’approccio del duo Romano a lasciare spiazzato l’ascoltatore come il critico.
Dietro il nome Lloyd Turner si celano Paolo Tornitore e Donato Loia, nomi non ingnoti in ambito underground (Loia proviene dalla line-up dei Lento) i due musicisti, come è facile riscontrare nel Making of che circola in rete, stanno sperimentando una personalissima forma di equilibrio, un universo sviluppato attorno ai vuoti, legato da momenti tronchi e giunture interrogative.
Questa volta è difficile venirne a capo con l’abusata formula “Post-rock” anche se, è vero, i paragoni con le icone del (sommamente indefinito) genere, si sprecano, e neppure a sproposito.
Hints si apre con Circles, ottimo gioco di vuoti atmosferici, cellule di scura melodia (primo richiamo alle particelle di Thomas Newman?) un vago crescendo emozionale per un brano votato al mistero ed ecco che, già in apertura, comicia ad isinuarsi un sospetto, il presentimento che Hints sia soundtrack per vocazione.
Coerente con Circlese è Two, oscuro, il brano introduce nella seconda parte un sentore (neo) folk di matrice decadente.
Altro episodio di valore è Said and Done, ancora ornata da un suono particulare Newmaniano e l’appiglio da intenso commento emozionale che fa pensare, come Throug, al Nyman di The Piano.
Unknown è un’ottimo pezzo in bilico fra Tiersen e Godspeed you! Black Emperor/Thee Silvert Mt. Zion per una equazione felice adatta ad un buon lungometraggio europeo di spessore.
Step Out si presenta bene ma non riesce o non vuole partire, dispiace per un attimo come rattrista la pesantezza di Vasa ma, poco male, il pezzo gode della brevità che è cifra stilistica del progetto nel complesso.
Those Who Float rialza le sorti dell’opera citando ancora i Thee Silver Mt. Zion più ipnotici e la finale Unveiled dimostra a pieno le potenzialità razionalmente sopite dei due musicisti alla presenza di un arrangiamento più raffinato e completo, Tornitore e Loia, infatti, si sono autoimposti la formula austera di piano.chitarra-silenzio che caratterizza Hints. Affascinante da dire ed affascinante da ascoltare in un film (Hints sembra quasi una colonna sonora che ha perduto l’acquirente) certo, un po’ limitante per un’opera musicale fine a sè, il rischio è una vaga ciclicità chiusa che si poteva evitare.
La produzione è tutta romana, il disco è stato registrato mixato e masterizzato presso il Locomotore Studio da Lorenzo Stecconi (Lento, Leo Minor, Edible Woman…) mentre all’S3000 Matteo Spinazzè (Lento, Zu, Delek…) si è occupato di alcune parti di piano. Gli echi più lontani sono quelli dei Tuxedomoon austeri di Ghost Sonata, Steven Brown in solitaria di The Letter e tutto un certo minimalismo di svariati decenni fa, è proprio questa la forza di Lloyd Turner, la raffinatezza sta nella poesia oscura, nell’accenno dissonante di due strumenti che dubitano, accennano ma soprattutto son buoni a promettere. Una colonna sonora che ha perso l’acquirente, se non è poesia questa, giudicate voi.