martedì, Novembre 5, 2024

Mogwai – A wrenched virile lore (Sub Pop records, 2012)

Alcuni guarderanno il titolo e penseranni stupiti «ma come, un nuovo album dei Mogwai e io non ne sapevo nulla?». In effetti bisogna subito chiarire un punto essenziale: A wrenched virile lore non è un inedito del gruppo scozzese (anche se, per certi versi, potrebbe anche essere). Si tratta di un disco che contiene dieci remix di brani apparsi sul loro ultimo lavoro Hardcore will never die, but you will affidati ad altrettanti artisti: da Tim Hecker a Soft Moon, fino a Justin K. Broadrick dei Jesu.
Chi non ha mai ascoltato l’originale deve sapere che, fin dal titolo, i Mogwai intendono giocare e rimescolare gli interrogativi balenati in passato circa l’adeguatezza dell’etichetta post rock per un intero percorso artistico contrassegnato da sviluppi originali e autonomi. Infatti lungo i 53 minuti dell’album si possono individuare tre direttrici principali: quella romantica, affidata in particolare al piano di Barry Burns; l’ elettrico – acida, descritta magistralmente dalle sezioni vocali che schiacciano l’occhio agli anni ottanta; una più d’impatto, costruita attorno agli sferragliamenti di chitarra e alle ritmiche nervose e compulsive.
I “remixanti” di A wrenched virile lore dimostrano di conoscere bene l’album perchè riescono a tenere assieme tutti questi aspetti. Anche se, come è giusto che sia, gli amanti dell’originale in alcuni casi storceranno il naso, sentendo il proprio brano preferito completamente stravolto. E qui sta la sua vera forza: essere qualcosa di nuovo, pur mantenendo le caratteristiche preodminanti che hanno fatto di Hardcore will never die but you will un capolavoro. Quindi il ragazzone della Chemikal Underground Rm Hubbert aumenterà il coefficente di melodia e voce di Mexican grand prix, mentre Justin Broadrick inserirà il suo shoegaze all’interno del disco. La mort blanche è la traccia più complessa, 14 minuti di sogno languido e meditativo in cui Robert Hampson da il meglio di sè.
Le domande a questo punto sono due: Questo disco potrebbe essere consigliato ai fan dei Mogwai? Piacerà a chi non li conosce per nulla ? La risposta è un sì convinto a entrambe. Per due motivi: i follower del gruppo glasvegiano ritroveranno molte delle caratteristiche dei loro beniamini e gli altri si godranno un bell’album che, nonostante attinga a piene mani da altro, ha la forza e la struttura per restare bene in piedi da solo.

Andrea Quadroni
Andrea Quadroni
Andrea Quadroni, 27 anni, millanta origini austriache e un passato da suonatore di basso. Nato a Como, vive in un paesino alla periferia del mondo civile. Al liceo si pettinava con il sapone di Marsiglia, ha studiato tra Milano e Parigi e si è laureato da poco in storia. Scrive di musica, cura scrupolosamente i suoi baffi biondi-rossicci e ama ripetere con orgoglio “I saw Pulp live”.

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