Dalle nostre parti Nick Pride riscuote molta simpatia sin dal suo disco del 2011 Midnight Feast Of Jazz, sentimento aumentato poi con il successivo tour italiano in cui lo intervistammo (per leggere vai da questa parte) e con l’esibizione della scorsa estate alla Festa della Musica di Chianciano Terme. Avevamo dunque grandi aspettative per la nuova prova di Nick con i suoi Pimptones, in uscita per la Légère Recordings ed intitolata Rejuiced Phat Shake, aspettative che non sono andate deluse grazie ad un ottimo lavoro di rinnovamento e consolidamento di quanto di buono, anzi ottimo, già c’era.
In questo album i Pimptones giocano molto di più con la musica, osando e variando molto di più rispetto alla prova precedente, che restava sempre nell’alveo di un soul-jazz di classe ed efficacissimo, con una prevalenza di brani strumentali e solo tre pezzi cantati, tra cui la bellissima Waitin’ So Long con la voce di Jess Roberts (finita anche, non si sa come, in Lezioni di Cioccolato 2). In questa occasione invece quasi tutti i brani prevedono ospiti al microfono, portando Nick e compari ad architettare soluzioni musicali più varie ed adatte alle voci, come nel bluesone Wanna Treat You Right con Micka Moran Parker o nel lento dalle atmosfere anni 50 Hex On My Soul con Courtney Velecia, o addirittura aperture verso l’hip hop, come in Non Stop assieme a Dubbul O, un brano che ha un primo impatto straniante ma che poi riesce comunque a colpire e a trascinare l’ascoltatore, o in Go With It, dove un flow rap si alterna ai fiati delle Renegade Brass Band e agli attacchi funkeggianti dei Pimptones.
Non mancano comunque punti di continuità con Midnight Feast Of Jazz, come ad esempio l’intro Rejuiced Phat Shake, strumentale danzereccio da vera rebirth of cool, oppure brani in grado di coniugare perfettamente classe e sudore restando nell’alveo soul-jazz, come Why Does My Man Got To Be So Tough, con un’ottima prova di Beth Macari (già vista in azione a Chianciano), o Second Hand Wife, con la già nota Jess Roberts.
Anche questa volta dunque si balla dall’inizio alla fine dell’album, cambiando però qualche volta di più il ritmo. Missione compiuta quindi, un’altra festa di mezzanotte è servita.