Africantape si sta affermando come etichetta protettrice di realtà legate al math rock in maniera indissolubile ma allo stesso tempo accessibili anche a chi ne sopporta poco le evoluzioni strutturali e l’aggressività spietata dei suoni. E così dopo l’ormai futuro devastato dei Marvin, i Papier Tigre approfondiscono il lato oscuro delle sensations tribali e minimali post-punk (da recuperare il 7” 4 Way Split che vede accoppiate le due formazioni assieme a Electric Electric e Pneu). La formazione insolita (batteria, due chitarre, voce e percussioni) permettono esplorazioni culturali non necessariamente occidentali, e con questo voglio solo aggiungere perifrasi prima di chiamare in causa i soliti Vampire Weekend, ma anche gli azzardi recenti degli Arctic Monkeys. E dire che l’apripista I’m Someone Who Dies non prometteva molto bene, ricalcando vecchi motivi di Zappa con rabbia. Il terzetto Chimera, Home Truth e This and That And More of This and That provoca strani turbamenti, vi sono melodie che sembra aver riconosciuto negli episodi precedenti ed invece non è così. Gli elementi caratteristici sono quelli che ci si aspettano dal math rock: batterie singhiozzanti, chitarre spinte sul delay, ghost-notes incontrollabili e un’insofferenza posta in primo piano dal cantante Eric Pasquereau. Solo che la violenza e l’impatto distruttivo viene messa da parte, per consentire alla paranoia delle percussioni di esprimere sentimenti meno adolescenziali, più da essere umano che mal sopporta da tempo le problematiche legate al modello di società in cui vive. Soprattutto l’attesa, l’angoscia ad essa legata e il ripetersi continuo del nulla che sovrasta i rapporti, le azioni quotidiane, la vita. Se togliessimo gli auricolari degli skater di Paranoid Park, probabilmente sentiremmo le note di Recreation.