martedì, Dicembre 24, 2024

Pit Coccato – Sit on the throne: il video di Agnemag in anteprima esclusiva

Agnese Carbone, in arte Agnemag, giovane e talentuosa fotografa, firma il nuovo video per Pit Coccato. "Sit on the throne" è il primo estratto dal nuovo e imminente EP del cantautore novarese ed è veicolato da un frammento di videomusica ludico ed emozionale, sulla scia degli anni novanta di Dave Markey con i Sonic Youth, i Nirvana, la Babes in Toyland. In anteprima esclusiva su indie-eye videoclip

Pit Coccato torna dopo tre anni di pausa con un nuovo singolo. Sit on the throne è il primo estratto da un EP previsto per il prossimo ottobre 2023, che sarà prodotto da Daniele Celona.
Sull’incedere di un noise-pop molto vicino allo spirito dei ’90, il cantautore novarese si fa aiutare da Agnese Carbone, in arte Agnemag, fotografa di 25 anni specializzata alla Bauer di Milano, che si è costruita passo dopo passo un’estetica personale immersa nelle suggestioni dell’analogico. Appassionata di musica e con un padre Liutaio, è attiva anche in questa dimensione, tanto da aver collaborato al nuovo lavoro di Coccato cantando su tutti i pezzi.
Ci siamo dimenticati di chiederle con quali mezzi ha girato il videoclip che presentiamo in anteprima qui su Indie-eye videoclip, ma non è importante, perché in un’immagine riflessiva la vediamo allo specchio mentre brandisce quella che potrebbe essere una VHS-C o al massimo una miniDV.
Sulla scia dei filmmaker che seguivano in tour alcuni artisti della SST, come per esempio Dave Markey, nel video di Agnese Carbone si cerca di recuperare quella stessa aura tra documentazione, diario soggettivo e linguaggio di poesia.
Una tendenza che è ancora viva nel contesto delle produzioni indipendenti statunitensi e che nel nostro paese si sta facendo nuovamente strada attraverso svariate forme di ri-mediazione dei formati, basta pensare a due produzioni molto diverse tra loro come 16 Marzo, il video realizzato dai talentuosi YouNuts! per Achille Lauro, e ad alcune delle sfide ipovisive con la bassa definizione pensate da Antonio Stea, spesso ospite da queste parti. Dall’altra parte dell’oceano non possiamo non citare il lavoro del primissimo Scott Cudmore.

Agnese Carbone, rispetto agli esempi citati, sceglie una via più punk e urgente, applicando gli aspetti della sua ricerca fotografica sul paesaggio, al movimento incerto e in costante mutazione del viaggio. Il risultato è ludico ed emozionale, con intuizioni interessanti, tra cui l’utilizzo di una titolatrice “in stile” per alcune incursioni testuali di vario genere, dal lyric video all’idea, in parte godardiana, dello schermo come superficie “bianca” entro la quale sia possibile incorporare ogni occorrenza linguistica, dalla parola scritta ad un riflesso di luce, fino ai difetti, i salti, i drop in fase di montaggio.

Mentre i nostri visitano un cesso durante il tour di Coccato del 2022,c on uno scroll brutale scorre velocissimo un vecchio articolo di Piero Scaruffi proposto nella versione inglese, ed estratto da un’analisi complessiva della carriera dei The Beatles: ” Rock critics are often totally ignorant of the rock music of the past, they barely know the best sellers“.
In opposizione a questa supremazia sterile della parola, Coccato/Carbone forzano il mezzo e lo trasformano in uno strumento tattile, cercando di afferrare le piccole manifestazioni invisibili del movimento, del viaggio e della jam come stile di vita. Sit on the throne allora diventa un piccolo anti-saggio sulla videomusica come ricerca di suono, rumore, ritmo, nel farsi e disfarsi dell’immagine stessa.

Speriamo di vedere altre cose di Agnese Carbone e che mantenga al centro questa libertà anarchica di inventarsi un possibile sguardo sullo straordinario quotidiano.

Pit Coccato su Instagram
Agnemag su instagram

Sit on the throne di Pit Coccato, il video di Agnemag: l’intervista con Agnese Carbone

Agnese, per quanto riguarda la cultura dell’immagine, la tua formazione è principalmente fotografica. In che modo il tuo sguardo sullo spazio, gli ambienti, gli oggetti e la vita della suburbia sono confluiti in questo “invito al viaggio” di Pit Coccato?

Una delle cose che adoro tanto fare in viaggio è fotografare, perché ho il tempo e più occasioni per ricercare e concentrarmi su un altro tipo di sguardo, diverso da quello superficiale e costruito che rischio di avere in città. Mi ripeto spesso di voler far respirare il mio sguardo e il mio cuore attraverso le foto che scatto, cerco la spontaneità e qualcosa che immortali la sensazione intrinseca di malinconia che permea ogni viaggio, sia inteso come viaggio fisico, che come viaggio di crescita, un viaggio personale. A me sembra spesso di spostare il mio occhio fotografico sul video, quasi pari pari. Solo che un po’ più in movimento. Non dico che il viaggio di Pit regali una sensazione di calma e tranquillità, anzi nel lavoro di montaggio ho voluto trasmettere il contrario, ma in tante immagini ho sentito verità e respiro, le caratteristiche che ho cercato durante tutto il viaggio anche con la mia Nikon F3.

Come è stata decisa la forma da dare al video tra selezione dei frammenti e post-produzione?

Sin da subito avevo l’idea di fare un montaggio serrato, veloce, senza soffermarmi su delle riprese in particolare, anche se in alcuni punti l’ho fatto, proprio per trasmettere la sensazione di continua ricerca, scoperta, spensieratezza che abbiamo vissuto in quei giorni. Volevo creare qualcosa che tenesse il ritmo di quel viaggio.

Nelle tue foto il paesaggio ha una posizione importante e stabilisce un limite tra visibile e invisibile. Questa dimensione metafisica è secondo te presente anche nel gioco continuo di Pit all’interno del video?

Può darsi, diciamo che mi viene sempre da ricercare tutte quelle cose che suscitano contemplazione, mistero, domande a cui è bello non cercare una risposta: in questo caso sono i paesaggi, in altri casi è il mare, i suoi riflessi, i dettagli della natura, un volto. Mi piace sempre collegarli poi a qualcosa di più reale e concreto, inserirli in mezzo ad un racconto, proprio per trasmettere la storia il più emotivamente possibile.

Rispetto al tuo lavoro con le fotografie, quello con il video su quali principi si fonda?

A questa domanda non saprei rispondere, nel senso che nel video quasi mi sento come mi sentivo i primi mesi che tenevo la macchina fotografica in mano, parlando dal punto di vista di professionalità e capacità. Poi l’occhio è sempre il mio, quindi nella mia amatorialità trovo sempre il modo di far trasparire il mio immaginario e la mia estetica nei video che faccio. Quindi direi che di base il mio lavoro si fonda in primis sul “còre” e ovviamente su determinate esigenze estetiche, nel video è ancora complicato e difficile soddisfarli sempre sia per inesperienza che per la mancanza di competenze allargate.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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