Da Kingston (no, non in Giamaica, un pochino più a Nord) con furore. I PS I Love You, al secondo album, continuano nel solco del debutto di due anni fa Meet Me at the Muster Station. Death Dreams persevera in un garage-rock di scuola Pixies, venato dall’angoscia espressa da Paul Saulnier, cantante maggiormente simile al giovin David Thomas dell’epoca Rocket from the Tombs di quanto non sia lo stesso Black Francis. A questo proposito, riascoltatevi la mitica Sonic Reducer, pensatela arrangiata come il primo album dei Death Cab for Cutie, e avrete un’idea della malinconica frenesia della band canadese. Sentimental Dishes riassume gran parte del copione: la batteria di Benjamin Nelson offre un continuo tappeto percussivo, mentre i gorgheggi strozzati e la chitarra di Saulnier, che sfoga la propria logorrea con distorsioni alla J Mascis, fanno il resto. Ingrediente di base per tutte le portate, dunque, è una canzone punk-rock che lascia libero uno strapuntino per assoli chitarristici poderosi e, al contempo, abulici. Questo è il menù proposto, con leggere variazioni in base all’uso delle spezie. Lievemente più orecchiabili Don’t Go, How Do You, Saskatoon e le due title tracks; maggiori dosi di psichedelia e fuzz (di nuovo la lezione dei Dinosaur Jr.) in Red Quarter; suoni più metallici e allucinati in Toronto. Volendo, potremmo indicare Future Dontcare, First Contact e Princess Towers come i pezzi più irruentemente punk, al netto dei consueti bridges chitarristici che ogni tanto rifanno capolino. Ma sono questioni di lana caprina. Catartici quanto basta, depressi quanto basta, viscerali quanto basta. La versione odierna di quello che una volta si sarebbe definito “un buon disco di sano rock and roll”, senza troppe pretese, ma costruito con la giusta dose di creatività e mestiere. Mettetelo su e dimenatevi a tempo di musica. I PS I Love You ne saranno orgogliosi.