domenica, Dicembre 22, 2024

Rock Contest 2016: Diana – la creatura solista di Roberta Arena, tra pop e shoegaze

Diana Nasce da una visione notturna e da una canzone, “And you can’t build the night“, prima scrittura per il progetto solista di Roberta Arena, apolide toscana nata a Pietrasanta e fin dai suoi sedici anni, Nicolosita d’adozione. Una formazione, quella acquisita nel piccolo centro alle pendici dell’Etna, che deve aver influito non poco nella musica di Roberta, attraversata da un flusso di calma apparente.
Il trasferimento a Palermo, arriva dopo l’esperienza con le “Zero in condotta“, band tutta al femminile con le quali suona per quattro anni.

Ma è sodalizio con Nazario Di Liberto a segnare l’inizio di una nuova fase musicale che sfocia nel progetto Orca/biplob, già ospite del Rock Contest di Controradio nel 2014 e selezionato per la semifinale.

Il progetto Diana esce per la prima volta nel contest de “La Fame Dischi” per poi vincere il premio Vittek Radio con il brano “And you can’t build the night”, giunto sino alla European Music Chart.

Il lavoro per il primo EP arriva lo scorso febbraio presso lo studio Indigo di Palermo insieme a Fabio Rizzo, Francesco Vitaliti e Donato di Trapani.
Per i live di Diana, dal settembre scorso, Roberta viene affiancata da Sonja Burgì ed è così che la vedremo esibirsi stasera per la quinta eliminatoria del Rock Contest Fiorentino, presso i locali del Combo Social Club di Firenze.

La musica di Diana ci è sembrata di una qualità rara, pur nei riferimenti agli anni ’90, a band come Opal e Mazzy Star, ma senza un’adesione così filologica, perché nel tessuto musicale entra molto altro, dalla musica folk a quella etnica e world, fino ad un brano cantato in italiano. Segno di freschezza e grande libertà combinatoria.

In occasione della sua esibizione al Rock Contest di Controradio, l’abbiamo incontrata.

Prima di parlare di Diana vorremmo parlare di Roberta Arena. Non sei esattamente un’emergente e hai alle spalle numerose esperienze live, come autrice e hai partecipato a molti concorsi nazionali fino ad arrivare alle European Music Charts proprio con il tuo nuovo progetto e in tempi recentissimi. Cosa ti porta nuovamente al Rock Contest e cosa pensi di questa manifestazione con cui hai stabilito un’affinità elettiva?

Come hai già detto questo è il mio primo progetto solista …. Tre anni fa partecipai al Rock Contest con gli Orca//Biplop. È stata una bellissima esperienza che ho sempre ricordato positivamente, un anno fa quando decisi finalmente di lanciare il mio progetto ho subito pensato di proporlo qui.
Credo che il pregio di questo contest infatti sia proprio quello di lasciar spazio a qualsiasi tipo di musica, alle nuove idee e che dia la possibilità di rapportarsi sia con il pubblico che con addetti ai lavori.
È sicuramente una prestigiosa vetrina, un giusto confronto che serve ad ogni artista. Ogni volta è sempre una grande emozione e un onore essere scelti tra così tante band…

Diana ci sembra, finalmente, il tuo progetto più personale. Quanto c’è di Roberta Arena e quanto di Sonja Burgì, che sul palco ti accompagna alle tastiere?

Diana nasce un anno fa’ in una piovosa notte di novembre quando finalmente decisi di portare alla luce i miei brani e in particolare uno, And you can’t build the nigth, composto e registrato a casa in pochi giorni. Ho capito dentro di me che era arrivato il momento di uscire fuori, di mostrarmi per quello che ero al 100%.

Io e Sonja ci conosciamo da tempo e quando le feci sentire i brani dopo le registrazioni fatte in studio rimase entusiasta, così le chiesi se le andava di affiancarmi nei live.  La nostra collaborazione nasce a settembre di quest’anno e già nelle prove sono nate tante idee per il futuro e nuovi arrangiamenti per i brani.. Sicuramente il suo apporto presente e soprattutto futuro arricchirà il progetto di nuovi stimoli e spunti su cui poter lavorare…

Microsoft Word - Bio-Diana-1

Tra i numerosi progetti che dall’Italia ma anche dalla Francia si ispirano alle sonorità di etichette come la Creation records, ai suoni di Opal, My Bloody Valentine e Mazzy Star il tuo ci è sembrato uno dei più originali. Prima di tutto perché ha una solidità sonora poco usuale per chi sceglie sonorità e atmosfere oniriche. Ci puoi parlare del tuo modo di scrivere i brani, come nasce un pezzo di Diana?

Intanto ti ringrazio per il complimento…Il mio modo di scrivere è sempre dettato da un sentimento provato e tradotto in musica, un’esigenza….uno degli aspetti fondamentali nella mia scrittura è l’avere una proiezione immaginifica di una situazione, di una scena, infatti nella mia mente il brano è sempre accompagnato da immagini, come se fosse una colonna sonora di un sogno, di un film…credo proprio di trasportarmi in un’altra dimensione, più sognante e fluttuante… no, non sono pazza, forse per me questo è solo il mio piccolo miracolo…

“Se l’amore è un’astronave” è l’unico pezzo in italiano del tuo imminente EP. Una scelta interessante perché non così consueta per chi ama sonorità eteree che tendono a vaporizzare la voce. È casuale o ripeterai l’approccio?

Quando ho deciso di registrare l’EP, mi sono ripromessa di farlo senza pormi troppi limiti.
Infatti credo che sia giusto non forzare troppo la scrittura… Questo brano, un po’ strano e “fuori dal coro” ma a cui tengo in maniera particolare, è stata l’espressione di un sogno, di una scena immaginata come ti dicevo prima.
Mentre la voce rimane molto secca, parlata e sussurrata nelle strofe, quindi agganciata alla realtà, il ritornello e la musica ci riporta a quell’atmosfera sognante che rimane comunque una costante dei miei pezzi. Con tutti i rischi che possono esserci nelle scelte più azzardate, credo nella verità, e nella purezza dei pezzi, non riuscirei a stravolgere un pezzo che nasce verso una determinata direzione. Ognuno di noi ha tante sfaccettature e “Se l’amore non è un’astronave” è una delle mie. Sicuramente ripeterò l’esperimento ed altri pezzi in italiano sono già in cantiere…

In realtà ciò che a nostro avviso distingue l’EP “And you can’t build the night”  da qualsiasi prodotto di “genere” è la sua assoluta non genericità. Ogni brano è diverso e oltre ai riferimenti di cui parlavamo ci sono incursioni folk (Se l’amore non è l’astronave dove ci abbiamo sentito un po’ di Sicilia), elementi di musica etnica (He was angry). Era tua intenzione utilizzare lo shoegaze e la psichedelia anni novanta, semplicemente come base per sperimentare con le alchimie del pop?

Si e no. Come ti dicevo prima, ho scoperto di comporre mischiando un po’ i miei ascolti musicali a ciò che in me è innato, un’influenza pop e sicuramente anni novanta, data la mia età. Cerco sempre di comporre per istinto e non analizzando molto quello che faccio.
In realtà non so etichettare le cose o forse non le voglio chiudere in una “scatola”. So che questo nella musica è un difetto, un limite, perché l’essere riconoscibile in un genere è importante. Ma per ora, ho la fortuna/sfortuna di comporre per diletto e non per lavoro. Finché potrò essere libera lo farò il più possibile. Credo che la cosa più importante sia l’espressione in se e l’essere credibile per quello che si è, spero sinceramente che venga fuori questo….

Microsoft Word - Bio-Diana-1

Cosa ti aspetti dal frammentatissimo contesto della musica indipendente italiana? Dall’altra parte della barricata avvertiamo spesso molta confusione e molto talento che non trova la giusta esposizione. Noi siamo dell’avviso che convenga puntare in alto: con gli arrangiamenti, con la produzione, con lo spirito di avventura. Il progetto Diana ci è piaciuto anche per queste ragioni. Tu cosa ne pensi, e soprattutto ami affidarti a produttori artistici che orientino un minimo il risultato o preferisci un controllo totale sui tuoi suoni e sulla tua musica?

Ci sono tantissimi artisti molto bravi che purtroppo non riescono ad emergere. I motivi sono tanti. In primis forse perché siamo tantissimi e le risorse economiche investite nell’ambito musicale emergente pochissime. Il modo di comporre musica è cambiato, non necessariamente si deve essere dei musicisti provetti per fare musica. La quantità degli artisti “visibili” è in aumento grazie soprattutto ad internet. Credo che però gli addetti ai lavori non debbano confondere “l’apparenza con la sostanza”. Ormai ciò che può fare la differenza è il livello qualitativo del prodotto che si va a proporre, l’originalità e la credibilità….
La prima cosa che ho fatto per registrare i miei pezzi è rivolgermi ad uno studio, ad esperti del settore per cercare di “trasformare” i brani che avevo sul pc in un prodotto competitivo, a livello di registrazioni e suoni. È sempre difficile affidare le proprie creazioni ad altri, ma credo che bisogna essere in grado di far capire a chi ti produce o chi ti registra quali sono le cose che per te sono imprescindibili, e allo stesso tempo cercare di lasciarsi consigliare da chi obbiettivamente fa questo di mestiere, e sa quali lati smorzare e cosa può essere deleterio per la riuscita di un album o di un Ep. Le contaminazioni e le collaborazioni sono sempre un arricchimento.. basta solo scegliere le persone giuste da avere accanto..

E le politiche di genere? Senza scomodare una questione complessa e spesso abusata ci è parso che per molte persone sia quasi sempre una questione di quote rosa invece che di linguaggio. Mentre la scrittura femminile è una questione fisica, politica e di percezione (come lo era, per esempio, per Angela Carter) in molti contesti italiani è ancora una questione di spazio, anche se molto si è mosso in questi anni, da Beatrice Antolini (N.d.r. guarda il liveCastour prodotto da Indie-eye per Beatrice Antolini) fino a Femina Ridens (N.d.r.guarda il video live prodotto da Indie-eye per Femina Ridens), giusto per citare due progetti tra i più stimolanti. Tu cosa ne pensi?

Credo che il punto di vista femminile sia diverso per sensibilità e scrittura ed è da tenere in forte considerazione, non perché femminile in se, ma per ciò che le donne hanno da dire e raccontare. Non dobbiamo scordarci che la musica come tutte le forme d’arte è prima di ogni cosa espressione.
La necessità, prescinde dal sesso, ma questo delinea sicuramente un approccio e un modo diverso di scrivere, descrivere, presentarsi o essere.
Quello femminile probabilmente è solo un altro punto di vista. Quindi non abbiamo bisogno di quote rosa è necessario però dare spazio sempre alla libertà di espressione.

Dopo il tuo primo Ep hai in programma un album sulla lunga distanza?

Prima sicuramente vorrei fare un po’ di live e vedere anche la “risposta” del pubblico… tutto deve nascere naturalmente, sono sempre attiva nella scrittura dei pezzi e ce ne sono tanti lasciati in stand by purtroppo…spero l’anno prossimo di riuscire a registrare nuovamente, è stata una bellissima esperienza.

Il nuovo album sarà sempre in duo oppure interverranno altri musicisti?

Sicuramente mi servirò di altri musicisti come è già successo nel primo Ep dove sono intervenuti Fabio Rizzo, Francesco Vitaliti, e Donato Di trapani che hanno arricchito i brani di suoni e corposità. Credo come già detto che le contaminazioni possono solo portare arricchimento.

Come ti sei trovata con la famiglia palermitana di Indigo ovvero Fabio Rizzo, Francesco Vitaliti e Donato di Trapani? L’album si servirà della loro collaborazione? E quanto il loro apporto ha influenzato il suono di Diana?

Indigo è una forte realtà palermitana e lo studio, ubicato all’interno del Palazzo Lampedusa nel cuore del centro storico di Palermo, è un posto pieno di storia e ispirazione. Devo dire che i ragazzi nonostante la mia iniziale timidezza hanno saputo mettermi a mio agio, cercando di capire i brani e arricchendoli con i loro suoni e la loro esperienza..
Come hai detto è una famiglia, una bella famiglia allargata che prende a cuore il proprio lavoro e i tanti artisti che ci gravitano attorno.
Spero di poter nuovamente registrare da loro e con loro.

Diana su Facebook

Ascolta i brani i Diana sulla scheda a lei dedicaa, sito ufficiale del Rock Contest di Controradio

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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