La foto gallery in calce all’articolo e la foto di copertina sono di Sara Attanasio
Non perdetevi l’intervista rilasciata da Dolly Lamour a Michele Baldini, si legge da questa parte su Indie-eye Network
Da culto a fenomeno. Questa è la parabola che ha trascinato il Summer Jamboree di Senigallia nel novero dei più grandi festival al mondo di cultura americana anni ’40 e ’50. Molti lettori, forse non avvezzi (come il sottoscritto prima della partenza) alla pratica, avrebbero senz’ altro da chiedersi di cosa in realtà possa occuparsi una manifestazione che richiama certi “ideali”, che segue certe linee guida. Ebbene, la risposta è una sola: andare al Summer Jamboree e vedere coi propri occhi. La vitalità di questa sottocultura è nei colori pastello che ritingono la città, nelle Cadillac e nelle Buick ad ogni semaforo, nei momenti di gloria che emuli di Elvis raccolgono ovunque, quando centinaia di flash fanno loro l’ occhiolino. Una settimana in cui rivivono, anche negli eccessi, due decadi che hanno costruito la società contemporanea e che (dopo anni di contestazione, ripudio e critica) vengono ripercorsi, rivissuti e rivitalizzati senza nostalgia come campioni di stile e di socializzazione. E allora campo libero totale ai gonnelloni à pois, alle più improbabili banane ingelatinate, alle camicie, in cui è racchiuso un altro sottomondo, che va dall’ “hawaiano” passando per il “boscaiolo” (con risvolto) arrivando alla divisa da Bowling. E poi naturalmente la musica. Ovviamente per gli amanti, che si sa, a questo punto, sono molti. E, soprattutto, di tutte le età, nazioni, estrazioni sociali. Tutto esaurito (più di 100.000 presenze reali) per ascoltarsi i giri di mi del rockabilly, quelle voci e quei riff pieni di eco, twisteggiando e bevendo (di brutto). E’ un circo? Forse. Si sentono già i primi che dicono “quando iniziai a venirci io, c’ era la metà della gente, ed era tutto più bello”. Ma del resto, in questi casi il bicchiere è sempre mezzo pieno e mezzo vuoto. E’ una città, Senigallia, che diventa altro, un grande parco giochi che trasforma strutture balneari in Tiki Restaurant, discoteche in balere Country-R’n’R e piazze e vie in quartieri del Bronx o di San Francisco ai tempi di Grease e West Side Story. La cosa che veramente affascina è quanto questa cultura permei nel luogo e nei visitatori, tanto che il sottoscritto (abitualmente immune annche per avarizia alle contaminazioni) ha alla fine ceduto all’ acquisto di qualche rude T-Shirt e ad un po’ di gelatina spalmata sul ciuffo. Parliamo però più strettamente di musica. Che dire dell’ attesissimo concerto di venerdì sera? Wanda Jackson, la prima donna a cantare Rock and Roll e dopo di lei Chuck Berry, nella sua unica data europea alla veneranda età di 84 anni. Potremmo subito catalogare il caso dicendo che non sono ancora del tutto dinosauri in vetrina anche se sono sulla buona strada, ma forse è meglio specificare. Grinta da vendere per Wanda, che sembra non aver perso colpi (o quasi) dal ’56, anno del suo debutto. Un’ ora di concerto in cui ha dato tutto, lanciandosi in acuti contro il pubblico, che saturava il Foro Annonario (bellissima cornice) tenendo fuori molti senza biglietto. Chuck invece, gli anni li sente suonare più della sua chitarra e allora poca voce, e gli assoli lasciati al bravo e fidato nipotino. Quaranta minuti scarsi per il padre dei padri, catapultato sul palco con camicia pallettata e cappello da marinaio. Nella notte il Royal Burlesque Show. Una chicca, ancora in giro anche per la Toscana, da vedere e per tutti. La brava Dita Von Teese (assente perché pare chieda cifre esorbitanti per venti minuti di esibizione) ha (ri)spalancato le porte, o meglio sbolognato un genere di intrattenimento scollacciato, ma non volgare. Tenue come i colori pastello dei bellissimi costumi delle performer, Janet Fischietto, Dolly Lamour (NDR: intervistata da Michele Baldini da questa parte) Lady Flo e Annette Kellow, angeli malandrini, dalle forme non perfette, che uniscono ironia e sensualità in maniera perfetta. E poi balli e lanci di bulli e pupe. Nella serata di sabato Renzo Arbore a presentare la Big Band di 22 elementi Abbey Town Jump Orchestra. Menzione di merito all’ organizzazione. Curata con maniacale minuzia, dalla grafica alla logistica, cose che dimostrano il valore e l’ artigianalità del prodotto, anche nell’ ottica di un futuro del Made in Italy (visto che fa anche il venditore di abbigliamento da lui disegnato o recuperato in stile), da Angelo Di Liberto. Il suo, è il festival italiano che quest’ anno ha registrato più presenze.
Summer Jamboree, la foto Gallery di Sara Attanasio